Fondi immobiliari, l’Italia sfida l’Europa

E’ un’industria giovane, ma in rapida crescita quella dei fondi real estate. E le performance, secondo una ricerca condotta a livello mondiale da Morningstar, per conto di Sorgente sgr, sono competitive con quelle dell'evoluto mercato tedesco.

Sara Silano 03/06/2003 | 18:43
Facebook Twitter LinkedIn
E' possibile ricevere la versione integrale della ricerca, inviando una richiesta a support@morningstar.it.

L’industria italiana dei fondi immobiliari è la più giovane in Europa, ma è molto competitiva, in termini di performance e offerta. Secondo una ricerca condotta a livello mondiale da Morningstar, per conto di Sorgente sgr, il patrimonio in gestione è di 3,4 miliardi di euro, contro i 50 miliardi della Germania, che è il principale mercato europeo, e i 10 miliardi della Francia, dove i prodotti che investono nel mattone hanno una lunga storia iniziata negli anni Settanta.

Rendimenti a due cifre



In Italia, i fondi immobiliari rappresentano lo 0,85% dell’intero comparto del risparmio gestito, ma il tasso di crescita è sostenuto e nell’ultimo anno ha superato il 26%. La crisi dei mercati finanziari internazionali, che si è protratta per tutto il 2002, ha aumentato la voglia di mattone tra i risparmiatori che hanno riconosciuto in questi fondi un’opportunità di investimento nel real estate, pur non disponendo di somme cospicue.

I rendimenti nell’ultimo anno e mezzo hanno toccato punte del 18,7% per il fondo Michelangelo di Sorgente sgr, che è riservato agli investitori istituzionali. Sono state a due cifre anche la performance di Nextra Sviluppo Immobiliare (+16,7%), Securfondo di Beni Stabili gestioni (13%), e Bnl Portfolio Immobiliare (10,1%). Tali performance sono concorrenziali a quelle di mercati più sviluppati come la Germania, dove l’anno scorso i prodotti del real estate hanno rappresentato più della metà delle vendite di fondi comuni e i risultati a un anno si aggirano intorno al 5%. Quanto alla Francia, invece, i rendimenti a due anni sono stati inferiori al 10%.

Disparità normative

Le differenze sono in parte dovute a ragioni normative, che determinano una forte eterogeneità nella definizione stessa di Reit (Real estate investment trust). I 17 fondi distribuiti attualmente in Italia sono chiusi, mentre gli Offene Immobilienfonds tedeschi, emettono e riacquistano in modo continuativo le proprie quote. Per questa ragione, devono tenere per legge una percentuale minima di liquidità del 5% (e massima del 50%), che nella realtà è generalmente superiore al 10%, e va a discapito dei rendimenti. In Francia, le Sociétés civiles de placement immobiliéres (SCPI) possono prevedere una struttura a capitale variabile, venendo ad assomigliare ai fondi aperti, che ammettono la vendita delle azioni da parte dei sottoscrittori. La liquidità per far fronte ai riscatti è garantita da speciali “fondi di rimborso”, deliberati dall’assemblea sociale.

La riforma italiana

Per i fondi immobiliari italiani, nuove opportunità derivano dalla recente riforma normativa, prevista dal decreto numero 47 del ministero dell’Economia del 31 gennaio 2003. La principale novità consiste nella possibilità di sottoscrivere le quote anche in una fase successiva alla costituzione del fondo, oltre a poter ottenere il rimborso prima della scadenza naturale, fissata in un massimo di 30 anni, ma che mediamente si attesta intorno ai 15 anni.

Fino ad ora, l’unica possibilità di entrare in momenti successivi è stato l’acquisto di quote in Borsa sul Mercato telematico dei fondi (Mtf). La quotazione è obbligatoria per le società che si rivolgono ai piccoli investitori (quando la soglia minima di ingresso è inferiore a 25 mila euro), ma gli scambi sono limitati a qualche decina di contratti giornalieri e per quantità contenute. Secondo gli esperti, la nuova tipologia di fondi, cosiddetti “semi-chiusi”, porterà ad un allargamento della gamma, facendo diventare residuale il numero di prodotti chiusi.

Usa in testa

Nonostante la crescita degli ultimi anni, il mercato europeo dei fondi immobiliari resta lontano da quello, pionieristico, americano che, con circa 200 Reit e una capitalizzazione che supera i 163 miliardi di dollari, è il più grande al mondo. La legislazione risale agli anni Sessanta, ma il mercato si è sviluppato solo dal 1980, con un’accelerazione nell’ultimo decennio, quando la capitalizzazione è cresciuta di quindici volte. Oggi, i principali investitori sono i privati e i fondi.

L’industria dei fondi immobiliari più giovane è quella giapponese, dove il primo prodotto è stato lanciato nel settembre 2001 e attualmente la gamma è composta da soli sei fondi, con rendimenti attorno al 5-6%. La disciplina sui Reit risale alla fine del 2000, mentre in precedenza i fondi comuni potevano investire solo in valori mobiliari come azioni o obbligazioni. Per legge, i Reit non possono avere dipendenti propri quindi l’operatività è gestita in outsourcing e anche l’asset manager deve essere esterno.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

LEGGI ALTRI ARTICOLI SU
Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures