Erano attese entro la fine dell’estate e sono arrivate il 2 settembre le linee guida finali dell’Esma riguardanti gli stress test sulla liquidità dei fondi. Pochi giorni dopo (5 settembre), l’autorità europea di vigilanza sui mercati ha anche pubblicato un report dal titolo Stress simulation for investment fund, con i risultati della simulazione di uno scenario di “shock da riscatti” (richieste di disinvestimento settimanali comprese tra il 5 e il 10% del valore patrimoniale) su oltre 6 mila comparti obbligazionari Ucits. La maggior parte, si legge nel rapporto, ha dimostrato di riuscire a far fronte a questa situazione. Tuttavia “sono state identificate sacche di vulnerabilità, in particolare tra gli high yield, dato che la percentuale di quelli che potrebbero avere problemi di liquidità arriverebbe al 40%”.
Un po’ di storia
Le linee guida dell’Esma non sono una risposta ai casi degli ultimi mesi, che hanno coinvolto società come Woodford, H2O (gruppo Natixis) e GAM, ma le origini sono più lontane. Nell’aprile 2018, infatti, lo European systematic risk board, il comitato dell’Unione europea responsabile per la vigilanza macro-prudenziale del sistema finanziario, aveva pubblicato una serie di raccomandazioni in tema di rischio e utilizzo della leva da parte dei fondi, richiedendo all’Esma di sviluppare gli orientamenti per i comparti Ucits e alternativi (AIF). Quest’ultima aveva messo in consultazione una prima bozza il 5 febbraio 2019 (fino al 1° aprile), ricevendo circa 30 risposte, principalmente dalle associazioni di categoria e da imprese finanziarie. L’industria del risparmio avrà tempo fino al 30 settembre 2020 per adeguarsi.
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