Ostacoli e opportunità negli alternativi

Presentiamo le dinamiche dell’industria dei fondi non tradizionali, emerse nel nono sondaggio condotto da Morningstar e Barron’s.

Josh Charney 22/09/2015 | 10:10
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Il nono sondaggio di Morningstar e Barron’s sulla percezione e l’utilizzo degli investimenti alternativi fa luce sulle decisioni prese dalle società di consulenza e dalle istituzioni finanziarie statunitensi. Per molti anni i fondi alternativi hanno beneficiato delle ricorrenti preoccupazioni relative ai mercati finanziari. La sofferenza degli investitori circa le possibili correzioni del mercato azionario, o sulla fine degli oltre 20 anni di mercato obbligazionario rialzista, è stata spesso combattuta gettandosi sugli alternativi. Più di recente però, in corrispondenza di un mercato Toro ancora senza sosta, gli investitori sembrano diventati più appassionati ai mercati e meno propensi a perdere delle opportunità. Il nostro sondaggio aiuta a comprendere le cause dietro l’andamento dei flussi e offre una visione delle opportunità e degli ostacoli per il settore degli alternativi e per coloro che investono in questi prodotti.

I rendimenti lasciano molto a desiderare
Gli investitori dei fondi comuni di investimento sono noti per lo scarso timing decisionale, ma i dati relativi ai fondi alternativi mostrano diversi andamenti allarmanti in merito. Gli asset dei prodotti azionari long/short, ad esempio, sono quintuplicati dal 2008, grazie all’interesse per la categoria durante la crisi finanziaria, alimentato dalle performance relativamente superiori rispetto al mercato. Nonostante questo segmento offra una migliore protezione dai ribassi rispetto ai veicoli esclusivamente long, non ha tenuto il passo durante la ripresa del mercato. Dal 2009 al 2015 i fondi long/short hanno infatti  sottoperformato  il mercato di circa 11,5 punti percentuali all’anno, mentre hanno battuto il Barclays US Aggregate Bond Index solo dello 0,2% durante lo stesso intervallo di tempo.

Gli esempi di uno scarso market timing non si esauriscono però qui. Nel 2013 gli investitori hanno versato 55 miliardi di dollari all’interno di fondi obbligazionari non tradizionali, in parte per proteggersi dal preannunciato incremento dei tassi, una mossa che fino ad ora non si è dimostrata proficua. Durante gli scorsi anni abbiamo inoltre assistito ad un grande attività di caccia alla performance, ad esempio quando, dopo svariati anni di ottime performance, gli investitori hanno versato 13,4 miliardi nel MainStay Marketfield (non disponibile alla vendita in Italia, Ndr), che sono poi diventati 7,8 miliardi durante il tremendo 2014 vissuto dal fondo.Tutti questi passi falsi si sommano: il gap dei rendimenti dei fondi alternativi, calcolato come la media semplice della performance meno i rendimenti pesati per gli asset, è il peggiore tra quelli di qualsiasi altra asset class durante gli scorsi tre anni, con un valore di -2,2%. Gli investitori in fondi alternativi dovrebbero quindi concentrare i loro sforzi nel costruire un’allocazione strategica di lungo periodo, invece di indirizzarsi su strategie di breve termine.

Consulenti ancora positivi, istituzionali titubanti
Date le performance zoppicanti, si supponeva un possibile declino dell’interesse per gli investimenti alternativi. Se per gli istituzionali ciò si è rivelato vero, l’attenzione dei consulenti finanziari è invece attualmente in crescita. Nel 2014, il 63% dei consulenti ha investito più dell’11% in alternativi, valore in aumento rispetto al 39% dell’anno precedente. La maggior parte di loro (59%) ha allocato una percentuale compresa tra il 6% ed il 20%.

Rispetto agli anni precedenti, risulta leggermente in declino l’interesse istituzionale. Ad esempio, i partecipanti al sondaggio che hanno dichiarato di voler allocare oltre il 25% presso gli alternativi sono passati dal 31% al 18%. In maniera simile, gli investitori professionali che attualmente allocano più del 40% su questa tipologia di investimenti hanno visto un crollo verticale, passando dal 18% nel 2013 al 9% nel 2014. Inoltre, ben il 45% degli intervistati di questa categoria ha definito gli alternativi “meno importanti” o “molto meno importanti” rispetto agli investimenti tradizionali, in contrasto con il 28% del 2013.

Sono molti i fattori che possono aver influenzato questi cambiamenti. Gli investitori istituzionali allocano generalmente somme maggiori verso gli hedge fund rispetto ai fondi alternativi regolamentati e, proprio i fondi hedge, hanno dovuto affrontare alcune sfide negli ultimi anni. Mentre i veicoli alternativi stanno crescendo a una buona velocità, gli asset nel database di Morningstar relativi ai fondi hedge puri (un campione rappresentativo dell’universo dei fondi hedge) hanno subito un leggero calo dal 2013 al 2014. Il sondaggio ha rivelato che gli investitori istituzionali sono preoccupati per le alte spese, per la mancanza di liquidità e per la poca trasparenza di questa categoria. Abbiamo inoltre scoperto che non sono stati influenzati dall’uscita di CALPERS (California Public Employees Retirement System) dal panorama dei fondi hedge (o perlomeno non hanno voluto ammetterlo). Nel complesso potrebbero però aver influito anche altri fattori. Nell’utilizzo degli alternativi, gli investitori istituzionali si sono sempre dimostrati anticipatori rispetto ai consulenti e, probabilmente, hanno raggiunto quel livello di saturazione che sta facendo compiere loro un passo indietro.

Alla luce delle mutevoli opinioni, è stato rassicurante vedere come entrambe le parti in causa continuino a citare la diversificazione/bassa correlazione come loro principale motivazione all’investimento in fondi alternativi. Ciò fornisce rassicurazioni sulla capacità dei principali attori di mercato di comprendere il ruolo degli alternativi all’interno di un portafoglio.

La spinta dei fondi multistrategy
Ultimamente la categoria Morningstar dei fondi multistrategy si è guadagnata molte attenzioni, in virtù dei 9 miliardi di dollari convogliati annualmente nel settore durante i precedenti due anni. Questi fondi dovrebbero servire come investimenti alternativi core (un evidente ossimoro) oppure come one stop shop per un’esposizione alternativa. Dato che gli investitori sembrano in difficoltà nel timing di determinate decisioni di investimento alternative, tali veicoli possono essere un potenziale rimedio. Gli investitori istituzionali hanno indicato i fondi multistrategy come la componente delle loro allocazioni alternative a più rapida crescita durante i passati cinque anni, nonchè come la prima strategia per aumentare l’allocazione alternativa. In tono simile parlano anche i consulenti finanziari che collocano, in termini di rapidità di crescita, i fondi multistrategy/fondi di fondi al terzo posto dietro alle Master Limited Partnership e ad altre strategie alternative.

Che gli istituzionali possano essere più interessati ai fondi multistrategy rispetto ai consulenti è qualcosa di sorprendente, dato che molti di questi prodotti sono costruiti su misura per questi ultimi. In generale, i primi hanno più personale specializzato e risorse per costruire un selection team interno dedicato ai fondi alternativi. Ci si aspetterebbe dunque una costruzione autonoma di portafogli alternativi da parte degli investitori istituzionali ed una richiesta di fondi multistrategy da parte dei consulenti.

Forse i dati demografici possono fare luce su questo dilemma. I risultati mostrano che il 58% degli investitori istituzionali che hanno partecipato al sondaggio gestiscono meno di 11 miliardi di dollari, mentre il 38% gestisce meno di un miliardo. Si potrebbe quindi concludere che molti degli istituzionali partecipanti al sondaggio, pur detenendo meno risorse rispetto ai concorrenti di più grandi dimensioni, coltivano ugualmente il desiderio di investire negli alternativi. I fondi multistrategy sarebbero quindi una scelta ideale se un istituzionale intenzionato ad investire sul comparto alternativo non avesse un apposito team dedicato. Al contempo i consulenti stanno cercando di rimettersi in pari, con maggiori investimenti sui veicoli alternativi.

La clientela ideale per gli alternativi
Abbiamo chiesto ad entrambe le categorie di investitori di raffigurare il profilo di cliente ideale per gli investimenti alternativi, basandosi su cinque differenti parametri (complessità, distanza dal pensionamento, livello di asset, rendimento richiesto e livello di tolleranza del rischio). I risultati ci danno un’idea di quelli che sono i criteri ricercati dai professionisti  per decidere se gli alternativi sono adatti ad un particolare cliente. Entrambi i gruppi sono concordi nel dire che, al fine di essere considerati clienti ottimali per un investimento alternativo, è necessario possedere un’elevata complessità ed un altrettanto elevato livello di asset. Ma, fattore interessante, questi clienti dovrebbero essere a metà strada della loro carriera e non troppo vicini al pensionamento. Sebbene questi risultati non siano scioccanti, dimostrano che gli alternativi continuano a possedere la nomea di investimenti rischiosi, dal momento che i partecipanti al sondaggio credono non siano appropriati per clienti vicini al pensionamento. Dato che attualmente gli alternativi tendono ad essere meno rischiosi rispetto alle azioni e che esistono anche dei discreti investimenti alternativi a reddito fisso, potrebbe valere la pena provare a rompere questo stereotipo.

In termini di rendimento richiesto e tolleranza al rischio, sia i consulenti che gli investitori istituzionali concordano sul fatto che il rendimento medio richiesto ed il livello di tolleranza sono fattori fondamentali per considerare l’idea di aggiungere investimenti alternativi al portafoglio di un cliente. I dati mostrano, inoltre, che questi investimenti non sono adatti a soggetti molto conservatori e nemmeno a clienti alla ricerca di rendimenti elevati.

Il rallentamento è prossimo?
Il sondaggio evidenzia alcuni trend sorprendenti. Nonostante i tassi di crescita organica per i fondi alternativi si siano dimostrati superiori, nel 2014, a quelli relativi a qualsiasi altra categoria Morningstar, sono risultati anche i più bassi dal 2008, fermi infatti al 12%. Nonostante ciò, il sondaggio mostra che non tutti i consulenti finanziari hanno una visione pessimistica del futuro, prevedendo di allocare ancora più asset verso gli alternativi nel corso dei prossimi anni. Ma la rapidità con la quale gli investitori istituzionali si stanno allontandando da questi investimenti lascia perplessi. È possibile che molti di loro stiano abbandonando alcune strategie meno liquide per dirottare i loro investimenti  nei fondi liquid alternative, che potrebbero così crescere. Alcune testimonianze dicono che sempre più istituzionali stanno traendo vantaggio da queste strategie quando sono offerte come una versione ragionevole di un investimento esistente. A prescindere dal suo funzionamento, questo fenomeno merita attenzione. I liquid alternative sono attualmente un’asset class più matura (e di conseguenza rallenteranno la loro crescita), oppure riprenderanno a fluttuare se la volatilità del mercato crescerà? Nonostante il futuro sia ancora di diffcile lettura, la rilevanza dei nuovi lanci indica che gli investimenti in questi prodotti da parte di operatori qualificati continuano ad essere considerevoli.

(Il sondaggio è stato condotto nella primavera del 2015 e ha coperto, come annualità di riferimento, il 2014).

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Josh Charney  Josh Charney is an alternative investments analyst at Morningstar.

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