Gestori più pessimisti sulle Borse

La discesa dei mercati azionari non è finita. L’Europa deve fare i conti con la forza dell’euro e le tensioni inflazionistiche, mentre gli Stati Uniti non riescono a voltare pagina dopo la crisi dei mutui subprime. L’economia non sostiene il listino giapponese. Ancora volatilità nei rapporti valutari.

Sara Silano 20/11/2007 | 11:17
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A novembre scendono bruscamente i gestori ottimisti sui mercati azionari internazionali. Secondo l’ultimo sondaggio condotto da Morningstar tra le principali case di investimento italiane ed estere, la fase di turbolenza non è finita, perché resta da quantificare l’impatto della crisi dei mutui americani e l’entità del rallentamento economico in occidente.

L’Europa fa i conti con il super-euro e l’inflazione

Nell’ultimo mese, gli ottimisti sulle Borse europee sono scesi dal 78% di ottobre al 43%, mentre i pessimisti sono cresciuti dal 4 al 24%. I gestori considerano buono il quadro economico, ma ammettono che l’espansione

della crisi dei mutui subprime (quelli di bassa qualità) americani ha lasciato il segno. In particolare, le esportazioni verso i principali mercati sono destinate a rallentare, con l’eccezione dell’area asiatica. Pesa la forza della divisa comunitaria che continua a macinare record nei confronti del dollaro.

Innervosisce i mercati anche il rischio di un aumento dell’inflazione come conseguenza del rincaro del prezzo del petrolio, delle materie prime e di alcuni beni alimentari. Per quanto riguarda le valutazioni azionarie, i gestori sono divisi tra chi le considera ragionevoli e chi pensa non siano molto distanti dai massimi.

Il giudizio su Piazza Affari non si discosta in modo significativo da quello generale. Un fund manager su due è convinto che salirà nei prossimi sei mesi, mentre il 27,8% stima una discesa. In generale, è opinione comune che il listino italiano non riuscirà a fare meglio di quelli europei.

Ottimismo ai minimi su Wall Street

Dal sondaggio di novembre emerge una divisione pressoché paritaria tra i gestori che prevedono un aumento della Borsa statunitense (un terzo del totale), coloro che si attendono un calo (un altro terzo) e coloro, infine, che pensano possa stabilizzarsi attorno agli attuali livelli (33%). La percentuale di ottimisti è scesa di 26 punti percentuali rispetto ad ottobre.

E’ opinione condivisa che le crisi del mercato immobiliare e del credito siano destinate a pesare a lungo sull’economia, provocando un rallentamento maggiore di quanto inizialmente previsto. I gestori sono, comunque, cauti nel pronunciare il termine “recessione”, perché la debolezza del dollaro sostiene gli utili delle multinazionali e le esportazioni, mantenendo buoni livelli di occupazione. Come l’Europa, gli Stati Uniti devono fare i conti con una crescente inflazione, legata ai prezzi dell’energia e delle commodity.

Il Giappone è ancora malato

Rispetto a ottobre si è nuovamente spento l’ottimismo sulla Borsa di Tokyo. I gestori che prevedono un apprezzamento nei prossimi mesi sono scesi dal 68,2 al 47,6%. L’economia continua a dare segnali di debolezza ed è vulnerabile alla contrazione dei consumi americani, dal momento che gli Stati Uniti sono il principale mercato commerciale per il Giappone. Inoltre, il possibile rafforzamento dello yen potrebbe influire negativamente sugli utili aziendali. In questa situazione, la Banca centrale ha deciso di lasciare i tassi invariati a livelli molto bassi, ma la fase di normalizzazione, dicono i gestori, è solo rimandata e il prossimo anno potrebbero esserci nuove strette, sulla scia di un orientamento di politica fiscale più accomodante.

Sul fronte delle valutazioni azionarie, i fund manager sono divisi tra coloro che considerano i titoli nipponici poco attraenti e coloro che li stimano sottovalutati. E’ un fatto però che, come spiega Kevin Grice, economista di American Express “gli investitori domestici rimangono cauti sulle azioni, mentre gli esteri stanno perdendo la pazienza dopo le scarne performance del listino dall’inizio del 2006”.

Banche centrali, occhi puntati sull’inflazione

Nella riunione dell’8 novembre la Banca centrale europea ha lasciato i tassi invariati al 4% e ha ribadito che l’obiettivo di medio periodo è quello di tenere sotto controllo l’inflazione, che si prevede rimanga sopra il target del 2% nei prossimi mesi. I gestori pensano che l’istituto di Francoforte starà ancora fermo per un po’ di tempo, considerata l’alta volatilità dei mercati e le tensioni nel settore creditizio. Conclusa tale fase di incertezza, secondo alcuni fund manager i tassi torneranno a salire; mentre secondo altri scenderanno. Per quanto riguarda i prezzi delle obbligazioni, il 45% degli intervistati stima un calo nei prossimi sei mesi, contro il 25% che prevede un incremento. La curva dei rendimenti è diventata leggermente più inclinata ad ottobre, tuttavia il differenziale tra breve e lungo termine è ancora ridotto. Per questa ragione prevale la preferenza per la parte corta della curva.

Il discorso è diverso negli Stati Uniti. Per il 38% dei gestori, i prezzi delle obbligazioni saliranno nei prossimi sei mesi, contro il 28,6% che prevede una discesa. La maggior parte dei fund manager stima un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve per evitare la recessione, cui potrebbe seguire un rialzo nel medio periodo finalizzato a contenere l’inflazione. Anche nell’area dollaro, il suggerimento è quello di preferire la parte breve della curva, meno sensibile a un aumento del costo della vita.

Dollaro vicino a una svolta?

A novembre, sono aumentati i gestori che prevedono un indebolimento dell’euro sul dollaro, passando dal 19% di ottobre al 30%. La maggior parte degli intervistati, comunque, è convinta che ci sarà una stabilizzazione del rapporto di cambio attorno agli attuali livelli. Per Nicola Trivelli, direttore investimenti di Sella Gestioni Sgr, “è probabile che nel breve termine l'euro continui ad apprezzarsi, mantenendosi in un range compreso fra 1,45-1,50. Tuttavia, nel medio-lungo periodo il cambio dovrà assestarsi sotto 1,50 per scongiurare una crisi del sistema finanziario internazionale”. Il biglietto verde, però, potrebbe deprezzarsi ulteriormente nei confronti delle valute asiatiche e, secondo alcuni gestori, anche l’euro potrebbe scendere perché gli investitori lo venderanno per comprare le divise giapponese e cinese.

Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 6 e il 13 novembre, 21 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa il 75% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Aberdeen AM, Aletti Gestielle, Alpi Sgr, American Express, Anima Sgr, Azimut, Banca Fideuram, Banca Profilo, Bnl Gestioni, Bsi, Dws Investments, Henderson, Ing Im, Invesco, Investitori, Julius Baer Sgr, Mps Am, Pioneer Im, Sella Gestioni, Sgam, Total Return Sgr.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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