Una settimana nel nome di Bernanke

Il taglio dei tassi deciso dalla Fed è riuscito a far tornare un po' di ottimismo sui mercati. Poi le dichiarazioni del suo numero uno hanno riacceso le preoccupazioni. Gli operatori, intanto, per non rischiare si aggrappano ai risultati aziendali.

Marco Caprotti 21/09/2007 | 16:36
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Il segno dei tempi: una settimana di Borsa tutto sommato positiva, è riuscita lo stesso a mettere a dura prova il sistema nervoso degli operatori.

L’indice Msci World nell’ultima ottava ha guadagnato poco più dell’1%. Gli investitori hanno iniziato a tirare veramente il fiato solo martedì quando la Fedral Reserve ha finalmente preso in mano le forbici per tagliare di mezzo punto i tassi di interesse americani che sono arrivati così al 4,75%.

La mossa, invocata dagli economisti, ha tranquillizzato un po’ i mercati ancora scossi dalla tempesta scatenata dai mutui americani di bassa qualità (i cosiddetti e ormai famigerati subprim

e). Poi sono arrivati i commenti. Il presidente della Fed Ben Bernanke ha detto che la crisi è stata peggiore delle più pessimistiche previsioni. Il suo predecessore Alan Greenspan, ancora molto ascoltato dalla comunità finanziaria nonostante ormai abbia imboccato la strada della scrittura gli è andato a ruota, dicendo che forse il pericolo era stato sottovalutato durante la sua gestione. Il risultato è stato che gli investitori per non annegare, quando hanno potuto, si sono aggrappati alle poche notizie positive arrivate in questi giorni.

Stati Uniti L’indice Msci North America nell’ultima ottava ha guadagnato quasi l’1%. Gli operatori oltre che sul taglio del costo del denaro hanno potuto contare su un’ottima tornata di risultati aziendali. Delle 17 società quotate sull’S&P500 che in settimana hanno presentato i dati di bilancio trimestrali 13 hanno battuto le attese degli analisti.

Se la tendenza dovesse continuare, dicono gli analisti, nel terzo trimestre i risultati potrebbero stupire ancora. Le stime per i tre mesi che si chiuderanno a fine settembre parlano di una crescita degli utili del 3,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Va detto, a onor di cronaca, che in questo periodo gli esperti quando fanno una previsione cercano di essere abbastanza cauti. Il pericolo recessione, come ha confermato anche Greenspan, è dietro l’angolo. Per il momento, però, la corporate America ha dimostrato di essere in buona salute.

Europa L’indice Msci Europe nell’ultima settimana è cresciuto sfiorando l’1%. Anche il Vecchio continente ha beneficiato del taglio dei tassi americani. Ora gli operatori incrociano le dita sperando che la Bce non risponda con una stretta.

Del resto spiegano la situazione economica in Europa mostra qualche segno di debolezza. Secondo Royal Bank of Scotland il comparto manifatturiero e quello dei servizi a settembre stanno crescendo al ritmo più lento degli ultimi due anni. L’indice elaborato dalla banca scozzese (si tratta comunque di risultati preliminari) è passato dal 57,4 di agosto a 54,5. Il risultato, se confermato, sarebbe più basso anche del 56,9 atteso dagli economisti.

Il taglio del costo del denaro americano, inoltre, in Eurolandia potrebbe avere contraccolpi negativi. La moneta unica ha toccato i massimi (superando quota 1,41) contro il biglietto verde. In questa situazione, spiegano gli analisti, si prevedono problemi per le aziende dell’export. Dal punto di vista operativo gli investitori ostentano ottimismo. I risultati societari, dicono, sono buoni. L’unica nota negativa, aggiungono, arriva dalla volatilità che potrebbe continuare a restare alta.

Asia L’indice Msci Asia nell’ultima ottava ha guadagnato il 3%. Come sempre i mercati dell’area subiscono e amplificano i momenti di entusiasmo e quelli di sconforto degli investitori. Nel corso della settimana, grazie al taglio della Fed gli indici hanno toccato i massimi degli ultimi due mesi. Quando poi Bernanke e Greenspan hanno parlato sono crollati.

I motivi sono sempre gli stessi: paura degli operatori a investire in Paesi emergenti considerati poco affidabili e timore che una recessione negli Stati Uniti possa amputare i profitti delle maggiori società dell’area per cui quel mercato è il principale sbocco. Il risultato è che fra strappi e frenate l’indice Msci dai massimi toccati il 24 luglio (161,40 punti) si è perso per strada il 3,4%.

Lo stesso copione vale per il Giappone. L’indice Msci del Sol Levante in una settimana ha guadagnato il 2,5%, ma ha perso colpi nella seduta di venerdì. A tenere botta sono i titoli energetici grazie ai nuovi record del petrolio che, ormai, sembra essersi accomodato sugli 80 dollari al barile.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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