Il futuro degli SRI passa per l’innovazione

Ha superato i mille miliardi di euro il patrimonio degli investimenti socialmente responsabili, ma la crescita non è legata alle strategie tradizionali. Si fanno strada un maggior attivismo nella vita societaria, le regole di governo aziendale e l’integrazione delle questioni sociali e ambientali nelle analisi finanziarie. Purtroppo, l’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa.

Sara Silano 14/09/2006 | 15:37
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Il mercato degli investimenti socialmente responsabili (SRI) in senso stretto è rimasto stabile negli ultimi tre anni. Secondo il rapporto di Eurosif, il Forum europeo della finanza sostenibile, il patrimonio gestito nel Vecchio continente è pari a 105 miliardi ed è cresciuto solo dell’1% al netto dell’incremento imputabile all’andamento positivo delle Borse.

E’ in espansione, invece, il settore degli SRI in senso lato, che non si limita ai tradizionali criteri etici di esclusione di determinati comparti e/o inclusione delle società migliori, ma prende in considerazione le iniziative dei gestori per incoraggiare migliori pratiche aziendali e la tutela dei diritti degli azionisti (il cosiddetto engagement), nonché l’attenzione alla corporate governance e alle questioni sociali e a

mbientali nell’analisi finanziaria (integration). Il patrimonio in Europa ha superato i mille miliardi, con un aumento reale del 36% in tre anni.

Insieme, le strategie che combinano l’attivismo nella vita societaria e la corporate governance coprono più della metà degli asset complessivi. E il motivo è semplice: il mercato europeo degli SRI è dominato dagli investitori istituzionali, che rappresentano il 94% del totale, e tali pratiche sono compatibili con i loro obiettivi; inoltre si integrano bene con le metodologie di analisi tradizionali. In particolare, i gestori mirano a influenzare il comportamento delle aziende, intervenendo nelle assemblee singolarmente o in collaborazione con altri operatori, e ad esplorare nuove vie per aumentare i ritorni per i clienti.

Secondo gli esperti, il futuro degli SRI è in queste due strategie, fino a pochi anni fa quasi sconosciute. Spingono in questa direzione la crescita della consapevolezza dell’impatto che le tematiche sociali, etiche e ambientali hanno sull’economia, la maggior sensibilità verso le questioni di governo societario e le nuove disposizioni normative (in Belgio, ad esempio l’investimento in fondi pensione SRI beneficia di ulteriori riduzioni delle tasse). Rispetto ai criteri tradizionali per distinguere i prodotti etici dagli altri, i nuovi hanno il vantaggio di essere poco correlati con i settori, per cui danno più possibilità di diversificare il portafoglio.

Un problema dei prodotti tradizionali, ad esempio, è l’esclusione di gran parte delle aziende energetiche, che negli ultimi anni sono stati un fattore determinante nelle performance dei fondi azionari. Per contro, l’ampia esposizione ai titoli tecnologici, che soddisfano molti dei requisiti etici, li penalizza nelle fasi di ribasso delle Borse.

In Italia, le strategie tradizionali coprono la quasi totalità degli investimenti socialmente responsabili: secondo il rapporto Eurosif, il patrimonio è di 2,87 miliardi di euro su un totale di 2,89 miliardi. Il motivo principale è la scarsa presenza di investitori istituzionali, in particolare fondi pensione; infatti l’87% degli asset è concentrato nel settore retail. L’integrazione nell’analisi finanziaria di criteri di corporate governance è solo agli inizi, così come l’esercizio dei diritti di voto e la partecipazione alla vita societaria (in questo campo sono da segnalare gli interventi di Assogestioni nelle assemblee delle imprese quotate in cui investono i fondi).

Il rapporto Eurosif ipotizza una crescita significativa degli SRI nei prossimi anni, perché l’industria europea del risparmio gestito sta creando sempre più prodotti che incorporano problematiche sociali e ambientali nell’analisi finanziaria. E’ auspicabile che le nuove strategie non restino confinate nel campo degli investimenti socialmente responsabili, ma permeino l’intero sistema in modo da far prevalere l’interesse dei risparmiatori e degli azionisti sulle logiche aziendali e commerciali. Ed è auspicabile soprattutto che l’Italia colmi il gap con il resto del continente.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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