Metti il corporate in portafoglio

Con i rendimenti dei titoli di Stato ai minimi, cresce la voglia di emissioni societarie. Per il piccolo risparmiatore è sconsigliato il fai-da-te. L’alternativa sono i fondi comuni. Con alcune avvertenze.

Sara Silano 05/06/2003 | 20:14
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Non c’è pace per le obbligazioni societarie. Messe in cattiva luce dal caso Cirio, sono finite sotto il fuoco della Consob, che ha annunciato un giro di vite per migliorare l’informativa ai clienti sui rischi, soprattutto di quelle senza rating. Eppure i rendimenti sono allettanti se confrontati con quelli dei titoli di Stato. Non è necessario avventurarsi nel pericoloso mondo dei titoli spazzatura per trovare corporate bond che offrono un differenziale positivo rispetto ai governativi europei mediamente di 70 punti base.

Per il piccolo risparmiatore si tratta di strumenti tanto attraenti quanto complessi, per i quali è sconsigliato il fai-da-te, sia perché il principio della diversificazione vale più che per le azioni, sia per il minor grado di informazione in circolazione. E’

preferibile, dunque, acquistare un fondo, che ha in portafoglio più titoli di diversi settori e aree geografiche, affidandosi a gestori professionisti.

Negli ultimi tempi l’industria dei fondi ha lanciato molti prodotti di questo tipo. Tra italiani ed esteri sono oltre 60 quelli distribuiti nel nostro Paese, di cui una ventina domestici con rendimenti medi a un anno del 6,2%. Le commissioni di gestione sono in linea con quelle dei fondi obbligazionari e si attestano intorno all’1,18% per gli italiani e allo 0,92% per gli esteri.

Nel scegliere un prodotto che investe in corporate bond, è importante conoscere la politica di investimento, che è indicata nel prospetto informativo, per sapere quali titoli ci sono in portafoglio. Generalmente, si tratta di obbligazioni investment grade, ossia con buona qualità del credito, indicata con un rating non inferiore a Baa3 di Moody’s e BBB- di Standard & Poor’s. Sotto queste valutazioni si entra nella categoria dei fondi high yield, che sono specializzati in strumenti finanziari a più alto rischio e talvolta senza rating. Distinguere le due categorie di fondi sarà più facile dal prossimo primo luglio, grazie alla nuova classificazione Assogestioni, che prende in considerazione tipologia dell’emittente e merito creditizio, oltre alla valuta e alla duration del portafoglio (breve o medio/lungo termine).

Nonostante i rendimenti attraenti, non bisogna cercare nei corporate il guadagno facile. “L’investimento va concepito in un’ottica di medio periodo per un graduale incremento del capitale”, dice Luca Felli, responsabile degli investimenti obbligazionari di Bpb Prumerica. “Il periodo di permanenza minimo nel fondo deve essere almeno di un anno, in modo da poter trarre vantaggio dalle diverse fasi del ciclo economico”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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