Una goccia nel mare

Solo lo 0,43% dei patrimoni investiti in fondi in Italia si è diretto nel 2001 su prodotti etici. La percentuale è più alta in mercati più maturi, come l’Inghilterra. Nulla osta a che anche il risparmiatore italiano inizi a sceglierli. Le performance, d’altronde, non sono deludenti.

Germana Martano, 26/04/2002 | 13:13
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“Interessarsi di questioni riguardanti lo sviluppo sostenibile è eticamente importante per le imprese e rappresenta un esercizio per stimolare i propri interessi”. Sono le parole di Amartya Sen, Premio Nobel per l’economia presente alla tavola rotonda organizzata in settimana da Monte Paschi am sulla finanza etica, che non ha mancato di sottolineare come non basti però l’investimento in fondi etici a cambiare le sorti del mondo.

In effetti, stando alle statistiche, si tratta di una goccia nel mare: 1.800 milioni di euro in gestione in Italia a fine 2001, solo lo 0,43% del totale gestito, spalmato su 13 fondi domestici (di cui solo 9 etici in senso stretto). Una goccia non altrettanto piccola se si guarda ai dati riferiti all’Europa: in Inghilterra, esclusi gli Unit trust, dei 572

miliardi di euro gestiti dall’industria, l’1,03% è investito in fondi etici, qualcosa che si avvicina ai 6 miliardi di euro. La crescita modesta di questi prodotti, anche in Italia, è dipesa anche dal fatto che il loro lancio sul mercato è recente: sono 282 i nuovi fondi etici lanciati nel biennio 2000-2001 in Europa, contro i 159 dei cinque anni che vanno dal 1995 al 1999.

Maturità dell’industria, maggiore offerta (e sono diverse le società che recentemente hanno annunciato il lancio di nuovi fondi etici), creazione di indici borsistici focalizzati sulle imprese etiche pongono però le basi per un loro decollo negli anni a venire. Le performance, d’altronde, non sono deludenti. Secondo l’Osservatorio Finetica, joint-venture creata dalla Pontificia Università Lateranense e l’università Bocconi, da un’analisi comparata tra l’Ethical Index Global e l’indice MSCI World emerge la superiorità, anche sensibile, dei rendimenti del primo su vari orizzonti temporali.

Interesse sembra esserci da parte dei risparmiatori. Secondo un sondaggio svolto da Abacus, in occasione della 77esima Giornata del Risparmio, al momento dell’investimento del risparmio, la metà degli investitori prende in considerazione solamente aspetti legati al puro rendimento, ma il 40% si dichiara attento anche al come i propri risparmi vengono investiti, con un occhio particolare a non finanziare attività illecite (il 30%), mentre il 25% si dichiara interessato a poter contribuire ad alcune realtà transnazionali e il 42% si preoccupa della ricaduta a livello locale o nazionale degli effetti del proprio risparmio.

Basterà investire in “buone azioni"? Sicuramente è un primo passo.

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