La rinascita dello stile growth

Negli ultimi tre mesi chi ha investito in fondi azionari focalizzati sui titoli growth ha potuto beneficiare a piene mani del rialzo delle Borse dopo lo shock dell’11 settembre. Non sempre però è facile distinguere.

Juli Iacuaniello, 04/01/2002 | 10:29
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Se la performance media di tutti i fondi autorizzati alla vendita in Italia è stata, negli ultimi tre mesi, del 5,2%, per i fondi più aggressivi, quelli che seguono una strategia growth, il guadagno medio è stato più elevato: l’8,27%. Per quei fondi che invece seguono dichiaratamente uno stile di gestione value, la soddisfazione in termini di performance è stata minore: in media hanno guadagnato solo il 3,29%.

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Perfomance a confronto degli ultimi 3 anni

Media 1 mese

Media 3 mesi

Media inizio anno

Media 3 anni

Growth 4,10% 8,27% -16,19% 26,24%
Value 3,12% 3,29% -12,86% 20,53%
Az. Area euro
Growth 3,40% 7,47% -20,52% 13,36%
Value 2,38% 3,58% -18,59% 17,13%
Az. Tmt
Growth 7,75% 18,03% -28,99% 43,54%
Value 2,33% 8,78% -22,39% 22,29%
Az. Internazionale
Growth 2,25% 7,48% -15,30% 17,66%
Value 1,64% 2,29% -14,80% 15,51%
Az. Nord America
Growth 1,52% 4,35% -15,12% 10,99%
Value 6,48% 1,70% -10,19%
Az. Asia
Growth 3,88% 5,29% -13,99% 22,07%
Value 0,90% -6,85% -12,87%
Dati al 13 dicembre 2001

In giallo sono evidenziate le performance migliori



La vittoria sui tre mesi

Questi risultati –calcolati sulle performance al 13 dicembre 2001- mostrano, nel breve periodo, un capovolgimento del sentiment degli investitori rispetto alla prima parte del 2001, un piccolo ritorno alla fine degli anni 90, quando i titoli growth, in particolare i tecnologici e biotecnologici, hanno prevalso nei portafogli, consentendo a chi vi investiva di ottenere rendimenti a due cifre.

Il trend di lungo periodo resta però quello successivo allo scoppio della bolla tecnologica, quando gli investitori si sono spostati verso investimenti meno rischiosi, preferendo uno stile di gestione value focalizzato appunto sui titoli value. Anche se, da un sondaggio condotto a dicembre da Morningstar in Europa su un campione altamente significativo (le 43 società di gestione più grandi) il 69% dei money manager si è espresso a favore dei titoli growth sull’orizzonte temporale di 12 mesi, e cioè per il 2002.

Sui tre anni meglio i growth

Sul lungo periodo, un orizzonte temporale di tre anni, i fondi con stile growth hanno registrato una performance sostanzialmente migliore di quella che è stata ottenuta dai gestori focalizzati su titoli value. La performance media dei fondi growth negli ultimi tre anni ha raggiunto il 26,24%, mentre quella dei fondi value solo il 20,53%. Questo trend è evidente soprattutto se si analizzano i fondi che investono sul settore tecnologico, che hanno guadagnato il 43,54% (quando lo stile è stato growth) e il 22,29% (quando value).

Da inizio 2001, invece, anche se quasi tutti i fondi hanno messo a segno performance negative, nel complesso i fondi con uno stile dichiarato growth hanno perso di più dei fondi value (una perdita media del 16,19% per i growth contro una perdita media del 12,86% per i fondi value). E la storia si ripete a livello di ogni categoria: i fondi value facenti parte delle categorie Morningstar Azionari Area Euro, Azionari tecnologici, Azionari internazionali, Azionari Nord america e Azionari Asia hanno registrato una performance superiore ai risultati dei fondi growth all'interno delle stesse categorie.

Diversificare gli investimenti in base allo stile di gestione value o growth sembra quasi essere diventato altrettanto importante della diversificazione geografica come della asset allocation. I due stili agiscono infatti, in alcune fasi borsistiche, come due classi di investimento diverse, mostrando performance –e rischio- sostanzialmente diverse.

Correlazione negativa tra stili

Molti studi recenti hanno dimostrato che la correlazione tra gli stili sta diventando quasi negativa, un segnale importante per le scelte di minimizzazione del rischio di portafoglio. Secondo una ricerca di Salomon Smith Barney, durante 13 dei 24 anni trascorsi dal 1975 al 1998, le azioni growth hanno registrato performance superiori a quelle dei titoli value, guadagnando in media il 7,5% in più. Nel complesso dei 24 anni, sono stati invece i titoli value a ottenere una performance superiore oltre che un livello di volatilità inferiore rispetto a quella dei titoli growth.

Se gli indicatori cui gli analisti guardano per definire se un titolo è value o growth sono quelli comunemente noti -il Price/Earning (P/E), il Price/Book (P/B); il Price/Cash flow (P/CF) e l’Earning/Share (EPS)- diventa difficile distinguere tra i due nelle scelte pratiche di ogni gestore. Di solito i fondi che si presentano come orientati allo stile value hanno in portafoglio gli stessi titoli di un fondo growth.

Se alcune società adottano un processo rigoroso nella scelta dei titoli, altre si basano su alcuni di questi indicatori, con il rischio di classificare, per esempio, un titolo come growth perché ha un P/B, da bilancio quindi, elevato nonostante le prospettive di crescita, ovviamente non contemplate in bilancio. Spesso, ancora, un singolo titolo si sposta nel suo ciclo di vita da value a growth, o il viceversa, e molto dipende anche dalle attese degli investitori.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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