Il rischio della gestione attiva

Una simulazione del Crea Bocconi sul periodo 1988-2001 evidenzia che sarebbe stata necessaria un’accuratezza previsionale del 70% per ottenere risultati positivi facendo scelte attive sul 15% del portafoglio.

Juli Iacuaniello, 07/06/2001 | 13:18
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Con la crescente volatilità dei titoli, i gestori dovranno dimostrare abilità superiori alla media per far sì che gli extrarendimenti derivanti dal loro scostamento dalla composizione del benchmark superino le commissioni di gestione. E’ la conclusione di uno studio condotto dal Crea –Centro di ricerche economico-aziendali- della Bocconi sull’utilizzo della gestione attiva nei fondi comuni d’investimento. Per Paolo Ghiringhelli, coordinatore della ricerca, “in questi ultimi anni gli spazi per la gestione attiva si sono ampliati. Poiché però in finanza vige il trade-off rendimento-rischio, si assiste a un contestuale incremento sia dei benefici generati dalle corrette previsioni sia dei costi associati ad errate previsioni. La gestione attiva è sempre più affascinante, ma assai rischiosa”.



Analizzando il periodo gennaio 1998-marzo 2001, la simulazione ipotizza che, all’inizio di ogni mese, il gestore di un fondo bilanciato euro –con un benchmark 60% azioni e 40% obbligazioni- possa decidere quale percentuale di patrimonio investire in modo non conforme al benchmark. La scelta è tra azioni e obbligazioni, di titoli con scadenza due anni. Perché gli extrarendimenti determinati da questo tipo di gestione attiva superino le commissioni mediamente richieste dai gestori, la frequenza di decisioni corrette deve essere molto alta. Se viene gestito in modo attivo il 15% del portafoglio, gli extrarendimenti superano le commissioni solo se le decisioni sono corrette sette volte su dieci. Le previsioni devono essere corrette sei volte su dieci se la gestione attiva riguarda il 20% del portafoglio. Utilizzando un benchmark totalmente azionario e facendo una gestione attiva si rotazione di settori tra il comparto tmt –telecomunicazioni, media e tecnologia- e quello difensivo sul periodo 1998-2001 per avere extrarendimenti superiori alle commissioni la decisione deve essere corretta quattro volte su dieci. La volatilità dei titoli, però, è così alta che in alcuni casi il gestore non crea valore per il risparmiatore anche prendendo decisioni corrette due volte su tre.

“Lo stile di gestione ottimale”, ha concluso Ghiringhelli, “non esiste. Deve invece sussistere coerenza tra lo stile di gestione, attivo o passivo, e la promessa venduta al cliente”.

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