I fondi monetari sono un rifugio sicuro?

Recentemente, c’è stato un boom di investimenti in fondi monetari. I rendimenti, però, sono bassi o negativi e i costi eccessivi possono essere una zavorra.  

Sara Silano 01/12/2022 | 09:10
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Monete

I fondi monetari sono stati protagonisti della raccolta in Europa ad ottobre. Morningstar ha stimato che siano fluiti verso questi strumenti 146 miliardi di euro, con una crescita organica (flussi in percentuale del patrimonio iniziale) che ha toccato un vero e proprio record in trenta giorni (+10,3%).

Il dato si confronta con riscatti netti per oltre 49 miliardi dai fondi a lungo termine europei, ossia quelli che investono in azioni, obbligazioni, materie prime, ecc.

“Volatilità dei mercati, timori di inflazione, crisi energetica e potenziali rischi di recessione mantengono depresso il sentiment degli investitori”, dice Valerio Baselli, autore del report mensile di Morningstar sulla raccolta dei fondi europei.

“I 146 miliardi raccolti dai fondi monetari a ottobre hanno mandato in frantumi il precedente record di 84 miliardi di gennaio 2008”, continua Baselli. Allora eravamo in pieno shock finanziario, segnato da una crisi di liquidità e da diversi problemi di solvibilità a livello bancario e di Stati. Quest’anno gli investitori hanno davvero pochi “luoghi in cui nascondersi”, perché sui mercati azionari e obbligazionari domina il segno meno.

Secondo i dati Morningstar, i flussi maggiori sono stati verso i fondi monetari a breve termine in sterline (83,4 miliardi di euro), un trend che potrebbe essere legato alle turbolenze sul mercato dei titoli di Stato inglesi, dopo l’annuncio del mini-budget dal precedente governo guidato da Liz Truss. Ma la raccolta è stata positiva anche per i fondi monetari in euro e dollari.

 

I fondi monetari possono essere usati come parcheggio della liquidità. Ma nel 2022 sono stati un rifugio sicuro?

Dove investono i fondi monetari
Innanzitutto, è bene ricordare che questi strumenti investono in titoli del mercato monetario in una determinata valuta (o coprendo il rischio di cambio), ad esempio l’euro, il dollaro, la sterlina o il franco svizzero.

Sono principalmente di due tipi: fondi monetari (money market) e a breve termine (money market – short term).

I primi tendono a limitare la durata media ponderata del portafoglio entro i 60 giorni e la vita media ponderata a un anno o meno. Investono in strumenti del mercato monetario di alta qualità, compresi quelli strutturati, depositi con una vita residua inferiore o uguale a due anni, oltre a emissioni sovrane che abbiano almeno un rating investment grade.

I secondi (short term) investono in titoli con una durata media ponderata di 60 giorni e una vita media ponderata entro i 120 giorni. Hanno in portafoglio strumenti del mercato monetario di alta qualità e depositi con una vita residua inferiore o uguale a 397 giorni.

Le performance
I fondi monetari mirano primariamente alla conservazione del capitale, più che al suo accrescimento per cui è importante che l’investitore stabilisca giuste aspettative di rendimento. Il 2022 è stato sfidante anche per questi strumenti, ma il rialzo dei tassi potrà offrire potenzialmente risultati migliori.

Nell’ultimo mese, la performance media dei comparti a breve termine in euro è stata dello 0,42%, ma dall’inizio del 2022, la categoria segna in media -2,56%. I prodotti EUR money market guadagnano lo 0,14% a novembre e perdono lo 0,44% da gennaio. I risultati nelle rispettive valute dei prodotti monetari in dollari e sterline non si discostano molto dallo zero (dati al 29 novembre 2022).

Gli investitori devono tenere in considerazione anche gli effetti dell’inflazione.

“I fondi monetari hanno iniziato ad avere un andamento leggermente migliore dopo un lungo periodo in cui i rendimenti erano davvero scarsi o negativi”, dice Christine Benz, direttore della finanza personale di Morningstar. “Ma non bisogna esagerare con questi ed altri strumenti di parcheggio della liquidità, perché è dead money se si tiene conto dell’inflazione”. In pratica, è denaro che vedrà una crescita molto contenuta o non si apprezzerà per nulla nel tempo.

Quanto rendimento è mangiato dai costi
Un altro fattore che si “mangia” la performance dei fondi monetari sono i costi. Elevate commissioni danneggiano tutti i tipi di investimenti, ma nel caso di strumenti di liquidità gli effetti sono ancora più pronunciati. Nel grafico qui sotto abbiamo messo a confronto due classi di uno stesso fondo monetario che hanno un profilo commissionale differente e abbiamo anche evidenziato la differenza rispetto a un indice del mercato monetario, che non ha costi. Lo strumento più oneroso ha perso oltre l’1% da gennaio, mentre quello meno costoso ha segnato un ribasso dello 0,86%. Nello stesso periodo, l’indice di riferimento si è fermato a -0,17% (al 27 novembre 2022).

 

I conti di deposito sono un’alternativa?
In alternativa ai fondi monetari, gli investitori possono scegliere i conti di deposito, che molte banche stanno pubblicizzando con rendimenti che possono arrivare al 4% annuo. In tal caso, però, è bene verificare con attenzione le caratteristiche dell’offerta e quali siano i vincoli in termini di permanenza della liquidità sul conto, soglie minime di versamento, clausole per il trasferimento in altri strumenti finanziari, ad esempio i fondi, trascorso un certo periodo di tempo, ecc.

E’ importante tenere in considerazione anche l’aspetto fiscale, perché i rendimenti dei conti di deposito sono soggetti a una tassazione del 26%, così come tutte le altre rendite finanziarie. I tassi di interesse pubblicizzati sono generalmente al lordo dell’imposta sul capital gain.

Anche i fondi monetari sono soggetti all’imposta del 26%, ma la parte di portafoglio composta da titoli di Stato o di istituzioni internazionali come la Banca Mondiale beneficia dell’aliquota agevolata prevista per queste emissioni, che è pari al 12,5%.

Dal punto di vista fiscale, se per impiegare la liquidità l’investitore sceglie un titolo governativo a breve scadenza, ad esempio un BOT a sei mesi, può trarre vantaggio della tassazione al 12,5% anziché al 26%.

Infine, è bene ricordare che tutti questi strumenti sono soggetti a un’imposta di bollo dello 0,2% annuo proporzionale al capitale investito o depositato. In alcuni casi, può capitare che la banca si faccia carico di tale importo per i conti di deposito, come forma di promozione.

Nella scelta dello strumento per la gestione della liquidità, bisogna anche tenere in considerazione che i conti di deposito godono della copertura del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che garantisce fino a 100 mila euro per depositante e per banca aderente, in caso di liquidazione coatta amministrativa della stessa. I fondi comuni di investimento, così come gli altri prodotti finanziari, non rientrano, invece, sotto questa tutela.

Non eccedere con la liquidità
Qualsiasi scelta venga fatta per parcheggiare la liquidità, è bene non eccedere e stabilire quanta riserva monetaria serve per le spese di breve termine (sei mesi o un anno), ricordando che l’inflazione fa abbassare il valore reale del denaro mantenuto sul conto corrente.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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