Quali saranno le mosse dalla Fed?

Il mercato si aspetta almeno tre rialzi dei tassi nei prossimi due anni, mentre gli analisti di Morningstar prevedono una reazione più soft alla crescita dell’inflazione.

Eric Compton 22/11/2021 | 09:26
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federal reserve

Nulla di nuovo sul fronte della Federal Reserve. Nella sua ultima riunione del 3 novembre scorso, il Federal Open Market Committee ha confermato il saggio di riferimento nell’intervallo tra lo 0,0% e lo 0,25%. In linea con le aspettative del mercato. A catturare l’attenzione generale, invece, sono state le indicazioni relative alla prossima riduzione del piano di acquisti di titoli di stato che la Banca centrale americana ha avviato dall'inizio del 2020 per iniettare denaro nel sistema bancario e sostenere l'economia del paese durante la pandemia.

L’ammontare destinato agli acquisti sul mercato obbligazionario, pari a 120 miliardi di dollari su base mensile, verrà ridotto ogni mese di 15 miliardi di dollari per poi esaurirsi entro giugno.

Un altro aspetto importante è il commento della Federal Reserve sull’andamento dell’inflazione negli Usa. Mentre prima i fattori che spingevano in alto l’indice dei prezzi venivano definiti semplicemente come “transitori”, ora sono descritti come “previsti per essere transitori”, a dimostrazione che l’inflazione si sta attestando su livelli elevati per più tempo rispetto a quanto previsto. La Fed punta il dito sui problemi legati alla fornitura di beni, ma ammette che sarà difficile stabilire con precisione quando esattamente queste difficoltà saranno completamente alle spalle.

Il dibattito degli analisti e degli operatori del mercato si sta concentrando su quali saranno le prossime mosse della Banca centrale: sarà più aggressiva e cercherà di eliminare l’inflazione o avrà un atteggiamento accomodante per favorire il mercato del lavoro?

Fed aggressiva o accomodante?
Le aspettative del mercato indicano ora un rialzo dei tassi più imminente e più frequente nei prossimi due anni. Più precisamente, le previsioni sono per almeno un aumento entro la prima metà del 2022, due entro la fine del 2022 e, con tutta probabilità, un terzo entro l'inizio del 2023. Riteniamo che i dati economici diano sostegno a queste tesi, ma continuiamo a pensare che difficilmente la Fed agirà in modo troppo duro sull'inflazione.

Preston Caldwell, capo economista di Morningstar, osserva come la Federal Reserve stia resistendo alle richieste di mettere un freno alla sua politica monetaria accomodante, forte delle aspettative di un’inflazione transitoria. E Morningstar concorda con questa opinione. Dall’inizio della pandemia, l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 6%, ovvero il 2,8% in più di quanto gli analisti di Morningstar si aspettavano in base al tasso di inflazione pre-pandemia, e i dati a disposizione indicano come la maggior parte di questo eccesso sia da attribuire all’aumento dei prezzi nel settore auto e in altre categorie di beni in cui l'offerta è stata limitata dalla carenza di semiconduttori. Questo problema, simile a quello di altre industrie relativamente ad altre forniture, dovrebbero risolversi in breve tempo raffreddando quindi la crescita dei prezzi senza che sia necessaria l’azione da parte della Banca centrale.

Le aspettative di Morningstar
Riteniamo che l'inflazione possa rimanere al di sopra delle proiezioni di settembre della Fed, che indicavano un indice dei prezzi basato sulla spesa al consumo personale (PCE, Personal Consumption Expenditure) del 2,2% nel 2022 e nel 2023, ma che ciò non costringerà la Banca centrale a rialzi aggressivi dei tassi.

Per questo ipotizziamo che un paio di rialzi dei tassi nei prossimi due anni saranno probabilmente sufficienti alla Fed per dimostrare che sta reagendo ad alcune pressioni inflazionistiche, pur continuando a sostenere la ripresa del mercato del lavoro. La Banca centrale americana potrebbe persino operare delle riduzioni di bilancio, dopo il completamento del tapering, come passaggio intermedio prima degli aumenti dei tassi di interesse. 

Caldwell afferma che quando si tratta di aumenti dei tassi, molto dipendere dalle dinamiche del mercato del lavoro e da eventuali problemi sul fronte dell'offerta. Questo non solo perché la Fed ha come obiettivo quello della massima occupazione, ma anche perché l'inflazione prodotta dall’aumento dei salari è uno dei motivi per cui potrebbe rimanere più a lungo. È difficile dire quando la ripresa del mercato del lavoro sarà completa, motivo per cui la Banca centrale americana si sta concedendo la massima flessibilità per adeguare di conseguenza la politica monetaria nel corso del prossimo anno. A settembre 2021, l'occupazione totale negli Stati Uniti era di circa il 3% inferiore rispetto ai livelli pre-pandemia.

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Eric Compton  Equity Analyst di Morningstar

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