Tassi Usa, la Fed sta ferma. Ma dopo?

La Banca centrale ha deciso di non toccare il costo del denaro e ha dato le stime sull’andamento economico. Il comunicato che ha accompagnato le comunicazioni apre spiragli a future manovre. Nel 2020, dicono però gli analisti di Morningstar, la politica monetaria non dovrebbe cambiare. L’attenzione ora è sulla guerra dei dazi.

Marco Caprotti 12/12/2019 | 11:20
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Qualcosa è cambiato nel linguaggio della Federal Reserve. Lo si è notato dopo l’ultima riunione del Fomc (il braccio operativo della Banca centrale americana) del 10 e 11 dicembre, quando l’istituto guidato da Jerome Powell ha comunicato di voler lasciare i tassi di interesse nella forchetta compresa fra l’1,5% e l’1,75%. Nel 2019 la Fed ha tagliato i tassi tre volte, con riduzioni ogni volta da un quarto di punto.

“Il comunicato della Fed conferma quello precedente quando dice che la Banca centrale ‘continuerà a monitorare la situazione’, indicando in questo modo un focus particolare sulla stabilità”, spiega Eric Compton, analista azionario di Morningstar. “Tuttavia, questa volta si è fatto riferimento ‘all’attenzione che sarà data agli sviluppi globali e ai cambiamenti delle pressioni inflazionistiche’. Per noi significa che c’è una leggera apertura alla possibilità che la Fed tagli i tassi se l’inflazione dovesse crollare precipitosamente. Per ora, comunque, crediamo che una situazione di tassi fermi sia lo scenario di base per il 2020”.

I numeri della Fed
L’ultima riunione dell’anno era un appuntamento atteso anche per avere indicazioni sulla situazione economica degli Usa e sui suoi sviluppi futuri.

-La Fed ha deciso di lasciare invariate le stime sulla crescita economica con il Pil 2019 al 2,2% e nel 2020 al 2%.

-Nel 2019 il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 3,6%, mentre a settembre (l’ultima volta che erano state date indicazioni) era stato previsto il 3,7%.

-L'inflazione si dovrebbe attestare all’1,5%, come previsto precedentemente. Il dato core (la misura dell’aumento medio dei prezzi che non tiene conto dei beni che presentano una forte volatilità di prezzo come energia e alimentari) è previsto all’1,6%, contro l’1,8% di settembre.

-Per il 2020 la Fed prevede un tasso di disoccupazione al 3,5% (3,7% il dato di settembre) e un’inflazione core all’1,9%, come a settembre.

-Per il 2021 è attesa una crescita del Pil dell’1,9% (come a settembre), un tasso di disoccupazione al 3,6% (3,8% la stima precedente) e un'inflazione core al 2% (come stimato a settembre).

-Per il 2022 è attesa una crescita del Pil dell’1,8% (come a settembre), un tasso di disoccupazione al 3,7% (3,9% a settembre) e un'inflazione core al 2% (come a settembre).

La guerra dei dazi
L’appuntamento segnato dagli operatori ora in agenda è il 15 dicembre, giorno che potrebbe essere decisivo per il negoziato commerciale tra Usa e Cina: in mancanza di un'intesa tra le parti (sono in corso trattative serrate fra i due paesi) scatteranno nuovi dazi. Gli Usa applicheranno una tariffa del 15% su altri 150-160 miliardi di merci importate dalla Cina. Pechino potrebbe rispondere applicando un'aliquota del 7,5% su 50 miliardi di dollari di merci importate dagli Usa.

La data, se confermata, potrebbe essere importante per due motivi:

     1) Gli investitori sul mercato stanno da settimane acquistando, puntando nettamente su un accordo. Se così non fosse è logico aspettarsi una correzione immediata, altro che rally di fine anno. L’indice Morningstar US Markets in un mese (fino all’11 dicembre e calcolato in euro) ha guadagnato l’1,5% (+1,9% in dollari), portando a +31,5% la performance da inizio anno.

Indice Morningstar US Markets da inizio anno

usa

Dati in euro aggiornati all'11 dicembre 2019
Fonte: Morningstar Direct

In questo quadro le diverse categorie Morningstar nelle quali sono raccolti i fondi che investono nell’equity Usa hanno avuto un andamento positivo, anche se con risultati non omogenei (vedi tabella sotto).

Andamento categoria Morningstar Usa
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    2) Con l'aggiunta di questi altri dazi il totale dell'import-export tra i due paesi su cui applicare nuove tariffe sarebbe esaurito. Lo scontro a quel punto, si sposterebbe dalle tipologie di merce alle aliquote.

Per leggere altre analisi sull'azionario Usa guarda la sezione dedicata sul sito Morningstar.it

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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