L’acquazzone che si è abbattuto sulla Morningstar investment conference (MIC) lo scorso 6 novembre potrebbe non essere stato solo meteorologico. L’industria degli investimenti avrà nei prossimi anni più venti contrari che favorevoli, per dirla con le parole di Greggory Warren, Sector strategist di Morningstar e grande conoscitore dei principali asset manager globali, primi fra tutti BlackRock e Vanguard. E se pensiamo che siano i soliti discorsi sui massimi sistemi e che l'Italia sia al riparo perché in fondo neanche Mifid II è riuscita a portare un’adeguata trasparenza sui costi dei prodotti finanziari o a far decollare modelli di consulenza indipendente come in altri paesi europei oppure ancora perché la cultura dei risparmiatori è bassa, forse dovremmo cominciare ad aprire gli occhi.
I costi nascosti
L’Italia è all’ultimo posto tra i principali mercati mondiali per l’esperienza degli investitori in fondi, con riferimento alle pratiche commissionali. E’ addirittura peggiorata rispetto a due anni fa, secondo il rapporto Global investor experience, mentre l’India, che condivideva un giudizio scarso, è migliorata, grazie a una normativa favorevole ai risparmiatori, che prevede, tra l’altro, il divieto di fee di sottoscrizione e un tetto agli oneri a carico dei sottoscrittori. Come ha detto Davide Pelusi, amministratore delegato di Morningstar per il sud Europa in apertura della MIC, occorre che “venga posta maggiore attenzione al tema dei ‘costi nascosti’, perché anche se le commissioni per le gestioni patrimoniali stanno diminuendo, la spesa totale per gli investitori finali resta ostinatamente alta, poiché resistono voci poco conosciute talvolta inserite in categorie fantasiose come, ad esempio, le cosiddette ‘commissioni di piattaforma’”.
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