PREMIUM - Non si ferma la corsa delle commodity

Il prezzo delle materie prime salirà ancora nel 2017. Gli analisti di Morningstar alzano le stime per carbone, ferro, rame e petrolio, ma le stock del comparto continuano a essere sopravvalutate dal mercato.

Francesco Lavecchia 16/12/2016 | 16:33
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Ancora un anno di crescita per le commodity e poi si torna alla “normalità”. Questa è l’indicazione che emerge dall’ultimo report degli analisti di Morningstar (pubblicato in data 14 dicembre) che hanno rivisto al rialzo le previsioni sul prezzo delle principali materie prime per il 2017 e il 2018. In base ai fondamentali del mercato, dice lo studio, i rialzi saranno di breve respiro. Le stime di lungo periodo, invece, restano invariate. Il modo migliore per approfittare di questo trend è dunque quello di investire direttamente sulla crescita del prezzo delle commodity.

Le dinamiche del mercato
“Da inizio anno, la crescita della domanda oltre le attese e la contestuale flessione dell’offerta sul mercato delle principali materie prime industriali hanno fatto lievitare le quotazioni del carbone coking (utilizzato per la produzione di alluminio) del 400%, quelle del ferro del 200% e quelle del rame del 35%. Il principale responsabile dello squilibrio è stato l’inatteso aumento dei consumi da parte della Cina. Il Dragone pesa per l’80% delle richieste complessive di acciaio e questo rende la domanda delle materie prime industriali assai sensibile alle mosse del paese asiatico”, dice David Wang analista azionario di Morningstar.

Il governo di Pechino ha deciso di stimolare la crescita del Pil finanziando una politica fiscale espansiva attraverso il rilancio degli investimenti industriali. La manovra, dice il rapporto, sarà di breve respiro e servirà a rinviare solo di poco l’inevitabile transizione della Cina verso un’economia basata sui consumi. Inoltre, i fattori che hanno frenato l’offerta, come la decisione di ridurre da 330 a 276 i giorni di produzione nelle miniere cinesi e le difficoltà create dal maltempo nei centri estrattivi in Australia, andranno progressivamente ad attenuarsi. Sullo base di queste considerazioni gli analisti hanno deciso di mantenere invariate le forecast di lungo periodo.

Come cambiano le stime
“Le nuove previsioni indicano un prezzo del ferro pari a 60 $/tonn nel 2017 e a 50 $/tonn nel 2018 (in crescita dai 35 dollari ipotizzati in precedenza). Le stime relative al carbone metallurgico (per uso industriale) sono salite rispettivamente a 200 $/tonn e a 120 $/tonn (da 80 dollari), mentre quelle del carbone termico (per uso energetico) sono ora pari a 75 $/tonn, per i future con scadenza a marzo 2018, e a 60 $/tonn per quelli scadenti nell’anno successivo (in aumento da 55 $/tonn stimati in precedenza). Il prezzo del carbone atteso per il 2017, invece, è passato da 1,90 $/pound a 2,40 $/pound ”, aggiunge Wang.

Queste variazioni hanno inciso sul fair value (FV) delle stock del settore ma non sul loro Morningstar Rating. Il FV di Vale è passato da 2,60 a 3 dollari. Quello di Anglo American da 2,10 a 2,50 dollari, quello di Teck Resources da 6,50 a 9 dollari, mentre per Glencore si è passati da 0,6 a una sterlina. Per le azioni attive nel comparto del rame come Southern Copper, Freeport-McMoRan, First Quantum Minerals e Antofagasta l’aumento delle valutazioni è stato tra il 5% e il 30%. Quello che è successo è che le nuove previsioni di breve periodo sul prezzo delle commodity hanno modificato le stime dei flussi di cassa prodotti dalle aziende e con essi anche il valore stesso delle società. Tuttavia il mercato sconta nelle sue valutazioni un contesto favorevole ancora per diversi anni e dunque le azioni del comparto continuano a essere scambiate a prezzi ancora molto elevati.

Aggiornamento sul barile
Discorso analogo vale per l’oro nero. La decisione dell’Organizzazione dei paesi produttori di petrolio (OPEC) di ridurre la produzione, togliendo dal mercato un milione di barili di greggio al giorno, ha fatto lievitare il prezzo della materia prima ma l’effetto, dicono gli analisti, è destinato a essere di breve periodo. “Questa risalita delle quotazioni, infatti, avrà come conseguenza quella di stimolare una produzione di shale oil negli Usa tale da riequlibrare domanda e offerta. Per questo motivo abbiamo deciso di alzare le stime del barile (sul WTI) per il 2017 da 50 a 60 dollari, mentre abbiamo ridotto le previsioni per il 2018 da 65 a 45 dollari”, dice Stephen Simko. 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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