PREMIUM – Il petrolio gioca all’americana

Gli Usa, grazie allo scisto, ormai sono diventati un elemento determinante e costante con cui fare i conti quando si parla di valutazioni del barile. Ecco i titoli che possono approfittarne.

Marco Caprotti 18/03/2015 | 15:18
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Il petrolio low cost americano, dicono gli analisti di Morningstar, è qui per restare. Meglio, aggiungono, non farsi illusioni in caso di riprese improvvise dei prezzi e sistemare i portafogli di conseguenza.

Gli ultimi dati dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), sottolineano che la produzione americana in febbraio è cresciuta di 115mila barili al giorno, cosa che “inevitabilmente porterà a una rinnovata debolezza dei prezzi”. E’ vero che il petrolio è riuscito a tornare anche sopra i 60 dollari al barile, dopo essere scivolato sotto i 47 a gennaio. Tuttavia, si può trattare di un fenomeno temporaneo. I prezzi “sembra si stiano stabilizzando, ma l’equilibrio è precario”, si legge nel rapporto dell’Aie, in cui si sottolinea che “dietro questa facciata di stabilità, il riequilibrio innescato dal collasso dei prezzi deve ancora fare il suo corso”. Secondo l’Agenzia “potrebbe essere eccessivamente ottimistico pensare che la cosa procederà senza scossoni”.

Richiesta e prezzi
Nel frattempo l’Aie ha alzato leggermente le stime sulla crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2015. I consumi, secondo il rapporto mensile dell'Agenzia, dovrebbero aumentare quest'anno di 990 mila barili al giorno per raggiungere quota 93,5 milioni di barili, sotto la spinta di una “crescita economica globale in leggero aumento” e di temperature più basse del previsto. Ritmo di crescita “più lento”, invece, per la produzione dei paesi non-Opec.

L’Energy Information Administration (Eia) americana, intanto, ha tagliato le stime sui prezzi del petrolio. Nel suo report mensile, l’agenzia ha portato a 52,15 dollari il costo di quest'anno di un barile di West Texas Intermediate. La previsione precedente era a quota 55,02 dollari. Per il 2016 l’Eia si aspetta prezzi in media a 70 dollari al barile, un dollaro in meno di quanto calcolato in passato. Nell’anno in corso la produzione dovrebbe essere pari a 9,3 milioni di barili al giorno per poi portarsi a 9,5 milioni nel 2016, vicino ai 9,6 milioni che venivano prodotti nel 1970 (quando furono toccati i massimi nella produzione media annuale).

In questa situazione gli Stati Uniti, grazie allo scisto, si stanno proponendo come i veri player del settore, in grado di condizionare l’andamento del barile, grazie anche alla possibilità di gestire in maniera molto veloce la produzione. “E grazie a questa possibilità sono in grado di sopperire a eventuali nuove richieste senza far ricorso al prodotto estratto in giacimenti più costosi come quelli nella sabbia e nelle acque più profonde”, spiega Stephen Simko, analista di Morningstar. “Questa forza degli Usa è destinata a durare. Insomma, lo shale ancora una volta si sta dimostrando come il vero elemento in grado di cambiare i rapporti di forza nel segmento dell’oro nero”.

Le scelte operative
Nel frattempo, le società del segmento (e soprattutto quelle non americane) si trovano in una situazione strana in cui dovrebbero produrre di più, ma in un momento in cui non è conveniente farlo. “Questo non è sostenibile nel lungo periodo e ci aspettiamo che prima o poi si arrivi a una situazione di valori più alti per il barile che darà un po’ di ossigeno alle casse di diverse società”, spiega Simko, secondo cui nel segmento energy ci sono un gruppo di società sottovalutate che possono approfittare della situazione. “Fra i nomi degli estrattori più famosi noi suggeriamo Exxon, Cabot, Chesapeake ed Encana. Nel segmento dei servizi, la fusione fra Halliburton e Baker Huges creerà il nuovo colosso con cui tutti dovranno fare i conti. Ma le vere vincitrici saranno le aziende che si trovano a metà della catena di distribuzione del petrolio che potranno approfittare della maggiore capacità produttiva degli Usa. Fra questi ci sono Spectra Energy e Magellan. La seconda, in particolare, è un’azienda gestita in maniera molto prudente, molto adatta a chi vuole investire nel segmento senza accollarsi troppi rischi”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Coterra Energy Inc Ordinary Shares26,70 USD2,14
Exxon Mobil Corp112,12 USD2,18Rating
Halliburton Co23,19 USD5,51Rating
Magellan Midstream Partners LP  
Ovintiv Inc41,87 USD4,08

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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