Emergenti alla prova del rally

La corsa dei paesi in via di sviluppo, dicono gli operatori, dovrebbe continuare. Ma, aggiungono, nel breve periodo ci sarà qualche ostacolo. Nel frattempo è meglio controllare chi lavora con gli Usa. 

Marco Caprotti 04/09/2014 | 10:05
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Il rimbalzo dei mercati emergenti è destinato a durare. Merito, dicono gli operatori, dei cambiamenti in corso sia in quelle aree che nelle regioni più sviluppate. L’indice Msci dedicato agli emerging nell’ultimo mese (fino al 2 settembre e calcolato in euro) ha guadagnato quasi il 5%, portando a +15,9% la performance da inizio anno.

“La ripresa degli emerging è il risultato di una serie di fattori fra cui le migliori condizioni finanziarie globali e il minor rendimento dei bond mondiali”, spiega uno studio firmato Dirk Hofschire, Jonathan Kelly e Sammy Simnegar, gestori di Fidelity. I risultati delle elezioni che si sono tenute in diversi paesi in via di sviluppo sono stati visti con favore e si assiste a un miglioramento delle previsioni economiche su queste zone”.  L’andamento dell’azionario emerging ha iniziato a migliorare nel corso del secondo semestre dell’anno, spinto (almeno in parte) dalla politica monetaria più accomodante della Cina. Le basse valutazioni dei titoli, in un momento in cui gli investitori andavano a caccia di occasioni d’acquisto, e i dati congiunturali migliori delle attese hanno fatto il resto.

Rally, pro e contro
Il punto, adesso, è capire quali elementi giocano a favore di un proseguimento del rally e cosa, invece, potrebbe remare contro. “Alcuni paesi emergenti più grandi hanno tassi di inflazione maggiori rispetto ai target delle rispettive Banche centrali”, continua lo studio. “I profitti aziendali restano deboli e le condizioni del credito sono ancora sfavorevoli rispetto a un anno fa. Si tratta di elementi che, nel breve periodo, potrebbero portare a un sentiment negativo sugli emerging. Nel lungo periodo, tuttavia, i mercati emergenti saranno quelli con il tasso di crescita più alto e rappresentano una buona opportunità all’interno di un portafoglio globale diversificato”.

Ma quali sono i paesi e i segmenti più interessanti? “Restiamo positivi su alcuni paesi dell’Asia come le Filippine, l’India e l’Indonesia”, risponde il report. “Inoltre ci piacciono le società che hanno i costi in valuta locale e i profitti in dollari Usa”.

Occhio al Messico
La ripresa degli Stati Uniti, in effetti, è un fattore determinate per consentire ad alcuni emerging di mantenere un discreto stato di forma. “Il Messico, ad esempio, può beneficiare della sua vicinanza con gli Usa”, dice lo studio. I costi del lavoro messicani, per quanto riguarda i beni esportati in America, sono competitivi rispetto a quelli cinesi. Il governo del paese, inoltre, sta portando avanti una serie di riforme economiche e aprendo agli investitori esteri il settore energetico domestico”.

Dal punto di vista settoriale, Fidelity consiglia di tenere d’occhio l’e-commerce. “E’ un segmento importante per i mercati emergenti, dove è più difficile mettere in piedi un negozio con le mura rispetto ai paesi sviluppati”, dice il report. “Inoltre, poiché la maggior parte degli investitori è concentrata sui grandi nomi americani, le aziende Internet leader negli emerging possono essere un’opzione a basso costo”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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