Quanto costano i fondi a cedola

Abbiamo analizzato i documenti informativi per comprendere le strutture commissionali e il grado di trasparenza verso i sottoscrittori. Zone d’ombra sui gestori, i benchmark e i portafogli.  

Sara Silano 18/03/2015 | 09:58
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Conoscere il costo di un fondo prima di sottoscriverlo è fondamentale per investire in modo consapevole, soprattutto quando si parla di prodotti a cedola. Nei documenti informativi, è possibile leggere quali sono le diverse voci di spesa e il loro importo, generalmente espresso in percentuale.

I costi di uscita
Per quanto riguarda i fondi con scadenza, è bene prestare attenzione soprattutto alle condizioni economiche praticate all’uscita dall’investimento. Morningstar distingue tra commissioni di uscita, anche dette “di vendita differita”, che sono pagate alla società al momento della richiesta di rimborso, e quelle di riscatto, che vanno al fondo, il quale deve sostenere dei costi di transazione per vendere i titoli e onorare la richiesta di disinvestimento.

Entrambe possono essere decrescenti all’aumentare della permanenza nel fondo fino ad azzerarsi una volta raggiunta la data di scadenza. I dati archiviati da Morningstar, basati sui prospetti informativi, mostrano che la maggior parte dei fondi obbligazionari a scadenza e bilanciati a cedola presentano tali voci di spesa, mentre è meno diffusa la fee di sottoscrizione, in particolare tra i primi. Come vedremo nel paragrafo successivo, tuttavia, è presente una commissione di collocamento.

Nella sezione Costi del Kiid (Key investor information document), è possibile avere il dettaglio dei costi di uscita sia per quanto riguarda la scansione temporale sia per la destinazione. Può ad esempio esserci scritto che le spese di rimborso sono parzialmente o integralmente riconosciute al fondo.

La ratio di queste commissioni è disincentivare l’uscita anticipata da prodotti che sono pensati per il medio-lungo termine e i cui investimenti spesso coincidono con la durata del fondo. Esse, però, servono anche per coprire la parte di commissione di collocamento non ancora ammortizzata. Tuttavia, nei casi in cui non si azzerino alla scadenza, l’investitore dovrà considerare l’impatto sul rendimento finale. Come dimostrano molti studi di Morningstar, i costi sono uno dei migliori indicatori della capacità di sovraperformare di un fondo.

Cosa c’è nelle spese correnti
Sempre nel Kiid, vengono indicate le spese correnti, che rappresentano una misura dei costi ricorrenti nel tempo sostenuti dai sottoscrittori di un fondo e relativi alle operazioni di investimento effettuate dalla società di gestione. Sono calcolate come rapporto, espresso in percentuale, tra il totale delle spese correnti e la media del Nav (Net asset value). Comprendono le fee di gestione, di amministrazione, legali, di revisione e di custodia. Sono escluse alcune altre voci, come le commissioni di performance (dove presenti).

L’analisi di Morningstar mostra che il livello delle spese correnti è estremamente variabile, addirittura, in alcuni casi, per uno stesso fondo nell’arco della sua storia. “Ad esempio, il fondo Arca Cedola 2018 Obbligazione Attiva riportava nel 2014 spese correnti pari allo 0.89%, perché il fondo, partito a inizio 2013, non ha applicato gli oneri di gestione per tutto l’anno fiscale, ma solo a partire dal termine del periodo di sottoscrizione”, spiega Francesco Paganelli, fund analyst di Morningstar. “Per il 2014 gli investitori hanno invece pagato l’1,58%, a cui si è aggiunto uno 0,95% di commissione di performance”. “Ci sono dei fondi, invece, che prevedono commissioni di gestione crescenti nel tempo, aumentando il livello di rischio in maniera graduale nel tempo”, continua l’analista, “una struttura che impegna tra l’altro l’investitore ad assumersi un rischio più alto a tre, quattro, cinque anni dalla data di investimento, e quindi con minori informazioni a propria disposizione”.

E’ sempre bene leggere la spiegazione che accompagna l’indicazione delle spese correnti. Questi prodotti, ad esempio, prevedono spesso una commissione di collocamento (in alternativa a quella di ingresso) prelevata al termine del periodo di sottoscrizione in un’unica soluzione e calcolata in percentuale del capitale complessivamente raccolto (Purtroppo non abbiamo trovato indicazioni in merito in tutti i Kiid analizzati). Tale fee, calcolata come percentuale del patrimonio raccolto al termine del “Periodo di sottoscrizione”, è prelevata al termine dello stesso (quindi è immediatamente pagata ai collocatori) ed è ammortizzata linearmente nell’orizzonte temporale di vita del fondo. Questa fee si accompagna ad una commissione di rimborso decrescente nel tempo, in modo che l’onere complessivo sostenuto dall’investitore che scelga di riscattare le proprie quote prima della scadenza risulti uguale a quello di chi resta fino alla fine.

“Leggendo i documenti ufficiali si scopre che non sempre la commissione di collocamento è interamente percepita dai collocatori, così come la commissione di gestione non è interamente percepita dalla società”, dice Paganelli. “Il prospetto dell’Eurizon Cedola Attiva Top Maggio 2021 riporta che il 78% della commissione di gestione successiva alla chiusura del periodo di sottoscrizione è stata in realtà girata ai collocatori, così come l’89% della commissione di collocamento è finita nelle tasche dei collocatori”.

“Abbiamo analizzato i dati su 13 fondi Arca con due classi (una con e una senza commissione di collocamento)” continua Paganelli, “Abbiamo osservato che in media la classe con commissione di collocamento ha 3,9 volte le masse in gestione della classe senza, anche se il livello delle spese correnti è sostanzialmente simile”.

Occhio agli incentivi
Nonostante si tratti spesso di fondi gestiti con metodi quantitativi e/o con portafogli poco movimentati (ne sono un esempio gli obbligazionari a scadenza che comprano titoli con duration analoga a quella del fondo), questi prodotti possono prevedere una commissione di performance. Nel Kiid è riportata la percentuale e la base su cui è calcolata. Gli analisti di Morningstar suggeriscono di valutarne la congruità, ossia di verificare che essa vada a remunerare l’effettiva creazione di valore da parte del gestore. Per farlo, si può vedere se il benchmark è coerente con la strategia di gestione oppure è un indice monetario rispetto al quale non è difficile sovraperformare. Un fattore che è valutato positivamente è l’High water mark, che assicura che il manager non sia premiato nel caso di scarsi risultati. In pratica la commissione di incentivo può essere prelevata solo se il valore della quota è aumentato e ha superato quello più elevato mai raggiunto in precedenza (attenzione ad eventuali reset periodici).

Categorie a confronto
“Per prendere decisioni informate, è sempre utile confrontare il livello dei costi del proprio fondo con quello mediano delle classi retail in diverse Categorie Morningstar “tradizionali” bilanciate ed obbligazionarie”, conclude Paganelli. Riportiamo di seguito una tabella esemplificativa.

 

Chi è il gestore?
Oltre ai costi, gli analisti di Morningstar suggeriscono di considerare altri fattori prima di acquistare un fondo a cedola, legati alla trasparenza nei confronti degli investitori. In particolare, l’analisi dei dati suggerisce delle lacune nell’indicazione dei gestori, dei benchmark e dei portafogli.

Il 34% dei bilanciati con cedola italiani (presenti nella categoria Bilanciati altro) non rende noto il nome del manager, percentuale che sale al 36% per gli obbligazionari a scadenza. Questa scelta priva il sottoscrittore di informazioni importanti, come ad esempio la stabilità del team di gestione, la sua esperienza e permanenza all’interno della casa di investimento.

Il benchmark che non c’è
Le zone d’ombra aumentano se si prendono in considerazione i benchmark. L’87% degli obbligazionari a cedola censiti da Morningstar non ha o non indica un indice di riferimento, con il quale confrontare il rendimento del fondo. Per gli allocation fund, la percentuale è superiore al 60%. In molti casi, poi, le società di gestione utilizzano il VaR (Value at risk), che misura la massima perdita potenziale in un dato periodo con un certo livello di confidenza. Si tratta, dunque, di un indicatore di rischio più che di un parametro per confrontare la performance.

Infine, uno sguardo ai dati di portafoglio, rivela che il 35% dei fondi bilanciati a scadenza e circa il 30% degli obbligazionari non ha mai fornito le reali consistenze patrimoniali a Morningstar. Chi li invia, tuttavia, tende anche a tenerli aggiornati almeno ogni semestre.

Per approfondire l'analisi dei fondi a cedola, leggi anche:
- L'Abc dei prodotti a scadenza

- Performance, bersaglio mancato

- Chi cavalca il successo dei fondi a cedola

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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