L’Sri ora è a impatto

Cresce la popolarità degli strumenti che investono in microfinanza, imprese sociali e progetti di comunità locali.

Azzurra Zaglio 22/11/2012 | 11:21
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Si chiama impact investment la nuova strategia d’investimento socialmente responsabile, che sta diventando sempre più popolare tra gli istituzionali e gli individui con patrimoni ingenti, i cosiddetti High net worth individuals (Hnwi). Il termine racchiude diverse tipologie di finanziamento a progetti e organizzazioni sociali e ambientali.

I numeri del fenomeno
Eurosif, nella sua ricerca più ampia sugli investimenti responsabili, ha deciso di tracciarne per la prima volta l’evoluzione integrando il campione base con 74 organizzazioni che operano in questo settore e, laddove è stato possibile distinguere le diverse fonti di finanziamento, si è visto che gli High net worth individual che decidono di investirci variano dal 5% al 100% dei clienti del campione. Prima l’impact investment non veniva monitorato perché il rendimento atteso non è necessariamente market based (correlato all’andamento del mercato), ma vista la popolarità dell’ultimo anno non si può più omettere. Infatti, se nel 2007 la strategia di impatto era adottata dal 12% degli Hnwi intervistati nel 2009 la percentuale è salita al 24% e a fine 2011 ha raggiunto il 49%. È bene precisare che molto probabilmente questa crescita è sovrastimata, in quanto nel 2007 e nel 2009 si indagava solo su alcune tipologie.

Microfinanza, la preferita
Sotto l’ombrello dell’ impact investment rientrano diverse tipologie dalla microfinanza, al social business, al community investing. Tra queste, la preferita è la microfinanza, che consiste nel fornire l’accesso ai servizi finanziari alla popolazione meno abbiente dei paesi emergenti. L’investimento avviene tramite fondi di investimento indipendenti che consentono di far confluire capitale pubblico e privato verso istituzioni di microcredito. Gli investimenti social business sono, invece, effettuati direttamente o attraverso un fondo che investe in imprese sociali, aziende che si prefiggono obiettivi sociali e differiscono dal no-profit perché generano utili, che però non vengono distribuiti ma re-investiti. Infine, i più noti investimenti comunitari sono erogati per la propria o altre comunità sia in forma diretta, sia tramite banche locali di sviluppo, cooperative di credito e forme di prestito socialmente utili, per favorire l’occupazione,  l’emancipazione delle donne, l’accesso alla casa o piccole attività locali. 


In termini di cifre, la tipologia preferita dagli investitori è la microfinanza, forse anche perché più accessibile (43%), seguita dal social business con il 33% e dagli investimenti locali comunitari con il 20%. Vi è poi una piccola fetta del 3% che comprende altre forme di sviluppo sostenibile, come ad esempio quello immobiliare. Lo spettro dei modelli di rendimento va dal solo ritorno sociale con bassi o nulli profitti, a modelli combinati di business socialmente sostenibili con rendimenti finanziari legati all’andamento del mercato. Il motore scatenante è però sempre lo stesso: generare effetti positivi sulla società e l’ambiente. Se con un profitto, meglio.

Perché piace
La motivazione primaria per adottare investimenti responsabili sia per i gestori patrimoniali che per gli high net worth individual è contribuire allo sviluppo sostenibile sociale, economico e ambientale. Tuttavia, le similitudini tra loro non vanno oltre. Se i ricchi investitori sono più propensi a cercare impact investment per conservare la loro ricchezza di generazione in generazione e per le opportunità finanziarie; i gestori sono mossi soprattutto dal senso di responsabilità verso il cliente e dall’offerta di un’alternativa al fenomeno della filantropia. Questo tipo di investimento consente non solo di avere una garanzia circa la reale convergenza del denaro impiegato verso problematiche sociali, ma anche di avere un maggior coinvolgimento monitorandone costantemente l’evoluzione. Questa attenzione alla responsabilità sociale si è intensificata con la recessione. Secondo l’ultimo studio della società di ricerca Nesta, tra gli investitori inglesi, i fattori principali che spingono a scegliere gli impact investment sono il desiderio di essere tra i primi ad abbracciare un nuovo concetto di investimento, la possibilità di reinvestire i rendimenti ottenuti su fronti simili, il piacere nel vedere nel lungo termine l’evidenza di benefici concreti esterni, nonché incentivare le imprese ad assumere comportamenti trasparenti e beneficiare di incentivi fiscali.

L’ostacolo principale è la mancanza di prodotti e opzioni accessibili. Poi ci sono i rischi e l’insufficiente consulenza qualificata su queste tematiche. È un mercato che richiede molta ricerca e un’attenta analisi dei costi, poiché mancano dati comparabili e gli investimenti hanno dimensioni ridotte. Gli investitori, qui, si interrogano più sul rischio che non sulla perfomance, al contrario di come invece avviene negli investimenti Sri.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Azzurra Zaglio

Azzurra Zaglio  è stata Redattrice di Morningstar in Italia.

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