Lo scudo del biotech è più grande

I titoli delle aziende più innovative del pharma dal 2007 si sono dimostrati più difensivi di quelli tradizionali. E possono correre ancora.

Marco Caprotti 06/06/2012 | 16:44
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Le biotecnologie sembrano aver trovato il vaccino contro i virus delle crisi che, dal 2007, stanno infettando le Borse. In un quinquennio la Borsa italiana ha perso circa il 70%, mentre l’indice europeo Eurostoxx50 è sceso del 53%, più o meno in linea con la Borsa giapponese (Nikkei 225). Oltreoceano è andata leggermente meglio: l’indice S&P500 ha fatto registrare un –14%.

Biotech, +76%...
In questo scenario, il settore farmaceutico tradizionale, che solitamente viene considerato difensivo per eccellenza, tutto sommato ha retto. L’indice del New York Stock Exchange che raggruppa le principali aziende farmaceutiche tradizionali (l’Arca Paharmaceutical Index), è sceso solo del 10%. “In parte è naturale che sia così”, spiega Alessandro Faccioli, Senior Analyst di biotecnologie di WM Consulting. “Le vendite dei farmaci sono poco legate alla congiuntura economica”.

L’elemento che colpisce, tuttavia, è il raffronto fra l’andamento dell’indice farmaceutico tradizionale e quello biotech (Arca Biotechnology Index). Questi due panieri sono composti dai titoli con le spalle più larghe, sia in termini di capitalizzazione che di fatturato. Inoltre, l’indice biotech è equal weight (viene attribuito a ogni singolo titolo la medesima importanza). Fatte tutte queste premesse è interessante notare che, in cinque anni, l’indice biotech è salito del 76%. “E’ importante considerare che la forte crescita dei corsi azionari del settore biotecnologico è stata ben supportata dall’andamento dei fondamentali”, dice Faccioli. “Non stiamo quindi parlando di fattori speculativi che hanno sostenuto i rialzi”.

…ma ancora a sconto
Un’altra analisi che fornisce spunti interessanti è quella che considera il rapporto fra prezzo e fatturato dell’indice biotech del Nyse. “È bene utilizzare il parametro vendite piuttosto che altri, come ad esempio l’utile, in quanto il settore è ad elevatissimo contenuto di ricerca”, spiega l’analista di WM Consulting. “L’utile può risultare nascosto o alterato dai forti investimenti anche temporanei delle aziende. Un farmaco, nelle fasi finali di studio, ha costi nettamente diversi rispetto a uno che sta muovendo i primi passi”. Nonostante l’incremento in Borsa, il rapporto fra i due parametri è oggi ai minimi storici: è di circa il 10% inferiore rispetto al valore medio degli ultimi cinque anni. Rispetto al 2006 è addirittura del 36% più basso. “Questo vuol dire che, in questi anni, il giro d’affari delle aziende biotecnologiche è cresciuto mediamente più di quanto non abbiano fatto le quotazioni in Borsa”, dice Faccioli. “Ragionando in questi termini possiamo dire che il settore delle biotecnologie è a sconto”.

Un rendimento così elevato del biotech ha però anche altre giustificazioni. Innanzitutto, il farmaceutico biotecnologico è divenuto il punto di riferimento della ricerca mondiale, cosa che ha causato molte acquisizioni anche da parte di grandi player. C’è anche da considerare che i medicinali più innovativi stanno soppiantando quelli tradizionali e sono spesso l’unica alternativa valida per la cura di patologie per le quali non esistono altri rimedi. “Molti farmaci di ultima generazione sono entrati in commercio e altri ancora sono nelle fasi finali di studio”, conclude Faccioli. La domanda di terapie è in continua crescita, specialmente per quelle di qualità. Infine, con l’aumento della speranza di vita media, cresce anche il numero di anziani che sono poi quella parte della popolazione che maggiormente necessita di medicinali”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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