Il Sudamerica fra volatilità e tassi

La regione conta sull'andamento degli Usa e sugli investitori delusi dalla Cina. Il Brasile dà una spinta con il costo del denaro.

Marco Caprotti 22/03/2012 | 13:50
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L’America latina conferma la sua natura volatile. Ma, dicono gli operatori, lo scenario macroeconomico mondiale tende a favorire l’area emergente. L’indice Msci del Sudamerica nell’ultimo mese (fino al 20 marzo e calcolato in euro) ha perso poco più del 2%. Da inizio anno, comunque, ha guadagnato oltre il 13%.

Gli asset della categoria Latam, peraltro, da inizio anno fino alla prima settimana di febbraio sono stati fra i più acquistati dagli investitori. Merito della crescita degli Stati Uniti (che rappresentano il principale mercato di sbocco per i prodotti della regione) e dei colpi a vuoto messi a segno dalla Cina che hanno convinto molti investitori a spostarsi sui mercati emergenti occidentali. “Nelle ultime settimane stanno prevalendo le ipotesi di un rallentamento globale che potrebbe colpire anche il Sudamerica”, spiega uno studio di Gregg Wolper, analista di Morningstar. “Tuttavia, nel medio e lungo periodo, gli elementi che all’inizio dell’anno hanno favorito gli asset latinoamericani si riaffacceranno”.

Il traino del Brasile
Fra gli elementi che gli operatori portano a supporto della loro tesi c’è anche l’atteggiamento aggressivo con cui il Brasile (la principale economia della regione) sta tagliando i tassi di interesse Nella prima settimana di marzo l’istituto centrale verde-oro ha abbassato il tasso di riferimento al 9,75% dal precedente 10,5%. Si tratta della quarta mossa espansiva consecutiva di natura monetaria ed è conseguenza del rallentamento della congiuntura del Paese. Il Pil brasiliano, infatti, è cresciuto del 2,7% nel 2011. Un dato nettamente inferiore al +7,5% registrato nel 2010.

Le sforbiciate sui tassi sono l’occasione buona per raffreddare la moneta locale (il real) che si sta dimostrando troppo forte, soprattutto contro il dollaro. “Secondo i calcoli della banca mondiale la moneta brasiliana è passata da un periodo di forte sottovalutazione a uno di modesta sopravvalutazione”, spiega uno studio di AllianceBernstein. “Si tratta di una situazione inusuale per le economie emergenti come il Brasile che, a quel livello di sviluppo, dovrebbero avere svalutazioni che vanno dal 30 al 60%”. Un basso costo del denaro è fondamentale a un’economia in crescita per poter aiutare le sue esportazioni. “Questo, unito alla capacità di ottenere prestiti a basso costo, per le aziende brasiliane significa avere un colpo in canna in più”, prosegue il report. “Il Brasile oggi ha la possibilità di promuovere un’espansione sostenibile per gli anni a venire. Per raggiungere questo obiettivo la Banca centrale deve confermare la fiducia che ha saputo guadagnarsi presso i mercati negli anni scorsi”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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