Meglio l'oro nero di quello giallo

Il petrolio può dare maggiori soddisfazioni del metallo. E difende meglio i portafogli dall'inflazione.

Marco Caprotti 11/01/2011 | 13:57
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Per chi cerca rendimento e protezione contro l’inflazione il petrolio è meglio dell’oro. Alle prese con uno scenario che parla di ripresa (seppure lenta) a livello mondiale gli operatori stanno studiando su quali asset di investimento conviene orientarsi per ricominciare ad accumulare ricchezza e proteggersi dall’aumento dei prezzi al consumo che ogni miglioramento del ciclo inevitabilmente porta con sé.

Oro vs petrolio
Gli strumenti più adatti per ottenere questi scopi sono l’oro e il petrolio. Il prezzo del metallo giallo l’anno scorso è salito del 25%, arrivando a toccare i 1.350 dollari l’oncia (e molti analisti vedono già all’orizzonte il traguardo dei 1.500 dollari). Il barile, sempre nel 2010, ha registrato (pur in mezzo a una forte volatilità) un balzo del 15%, arrivando a 88 dollari. “Ma, dal punto di vista dell’investitore, la seconda è sicuramente una scelta più interessante”, spiega uno studio della società di consulenza Oxford Analytica  (OA). “Ogni anno aumenta la disponibilità di oro, mentre il petrolio è destinato ad esaurirsi”.

Mentre la maggior parte delle 2.900 tonnellate di metallo giallo che vengono estratte annualmente sono destinate a finire nei caveau delle banche inglesi e svizzere, gli 88 milioni di barili che vengono estratti ogni giorno vengono letteralmente bruciati. “Questo rende le società petrolifere un ottimo strumento per sfruttare la commodity, ma anche un buon asset per avere in portafoglio aziende che realizzano utili”, continua lo studio di OA.

Le scelte operative
Dal punto di vista operativo, le società più interessanti al momento sono quelle che operano al largo degli Stati Uniti. “L’incidente del Golfo del Messico nel quale è rimasta coinvolta la Bp ha dato il tempo alle concorrenti di sviluppare la tecnologia per fare nuove esplorazioni al largo”, spiega uno studio di Morningstar. “In questo senso le grandi società sono favorite perché hanno i mezzi, anche finanziari, per far fronte a eventuali incidenti”. Senza contare che ogni hanno pagano una tassa fissa al governo americano per ogni barile prodotto, mentre quelle che operano in altri Paesi versano royalty che variano insieme ai prezzi del barile.

Una di quelle posizionate meglio è Chevron. Il gruppo ha a disposizione quasi 12 miliardi di dollari per sfruttare due giacimenti offshore (chiamati Jack e Big Foot) e potrebbe acquistarne altri da Bp. “Senza contare che ha più utili che debiti e offre un rendimento da dividendo del 3,3%” continua il report. La concorrente ExxonMobil, per fare un paragone, è più cara e dà uno yield del 2,4%.

Interessante è anche ConocoPhillips. Il gruppo ha appena terminato un severo piano di ristrutturazione che lo ha portato a cedere asset per oltre 10 miliardi di dollari. Ha già annunciato che procederà al riacquisto di debiti e azioni proprie e ha portato all’interno dell’azienda una schiera di nuovi manager per preparare la successione all’amministratore delegato James Mulva. A tutto questo si aggiunge una cedola che dà un rendimento del 3,4%.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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