Latam, occhi puntati sul Brasile

La situazione del Paese per gli analisti rischia di frenare il recupero della regione.

Marco Caprotti 12/02/2009 | 11:41
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Chi investe in America latina guarda il Brasile e incrocia le dita. La maggiore economia dell’area, spiegano infatti gli analisti, assomiglia sempre di più a un campione in disarmo e rischia di frenare l’indice Msci della regione che, anche se nell’ultimo mese (fino al 12 febbraio e calcolato in euro) ha guadagnato il 2,3% ha sulle spalle il -50,3% perso nel corso del 2008.

Fra settembre e novembre dell’anno scorso il Paese ha investito più di 46 miliardi di dollari per dare una mano all’economia a cui si sono aggiunti, a gennaio, altri 42 miliardi pompati nella sua banca di sviluppo. Nei giorni scorsi il governo ha annunciato di aver aumentato l’investimento nel suo programma accelerato di crescita (principalmente legato alle infrastrutture), portandoli dagli iniziali 62 miliard

i a 280 miliardi nei prossimi due anni. “Gli sforzi per portare liquidità sul mercato e contrastare la fuga degli investitori internazionali, può aver attenuato la crisi”, spiega una nota di Morningstar. “Ma il Brasile sta ancora soffrendo. E rischia di frenare l’intera regione di cui rappresenta il motore”.

A dicembre la produzione industriale è calata del 12,4% rispetto al mese precedente: il livello peggiore degli ultimi 17 anni. A peggiorare le cose ci si è messa la bilancia commerciale che, a gennaio di quest’anno, ha chiuso con un deficit di 518 milioni di euro (dato peggiore da marzo 2001). In questa situazione era inevitabile una riduzione delle stime di crescita del Pil 2009 da parte della Banca centrale. Se prima si parlava di +2%, ora si preferisce un più cauto +1,8%. Il presidente Ignacio Lula è stato chiaro: “Attraverseremo un primo trimestre preoccupante”.

Un concetto riaffermato anche dal ministro dell’economia Guido Mantega che, tuttavia, ha escluso (almeno per ora) una recessione. “Sul Brasile sta pesando una drastica riduzione dei crediti da parte delle banche iniziata nell’ultimo trimestre dell’anno scorso”, continua la nota. “Il risultato è che le famiglie hanno ridotto i consumi”. A farne le spese in borsa sono stati soprattutto i produttori di beni durevoli. La piazza brasiliana non ha potuto contare nemmeno sulle aziende delle commodity (storico traino), piegate dal calo dei prezzi delle materie prime.

Ma se il Brasile piange, le altre grandi economie della regione non ridono. In Venezuela il ministro per la pianificazione e lo sviluppo economico Haiman El Troudi ha già anticipato che il governo sarà costretto a rivedere al ribasso le previsioni sull’andamento del Pil di quest’anno. Le stime più ottimistiche, fino ad ora, parlano di un +1%. Colpa, anche in questo caso, dell’andamento delle materie prime. In particolare del petrolio, sulla cui esportazione si basa l’economia del Paese.

Situazione difficile in Cile in cui la congiuntura, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha segnato +1,1% contro il +4,8% registrato nei tre mesi precedenti. Anche in questo caso gli esperti locali di politica economica hanno dovuto rivedere le stime sul 2009: da +4,2% a +1,2% mentre si comincia a parlare apertamente di recessione.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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