Usa, i big in cerca d'aiuto

Si allunga la lista delle grandi aziende che hanno bisogno dei soldi del governo.

Marco Caprotti 03/12/2008 | 15:45
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Avanti il prossimo. Diventa sempre più lunga la lista delle aziende americane che bussano alla porta dell’amministrazione Usa in cerca di aiuto. Tutte vittime di una crisi che dura dall’estate dell’anno scorso è che, nell’ultimo mese (fino al 3 dicembre e calcolato in euro) ha portato l’indice Msci North America a perdere il 13,15% (-34,65% da gennaio).

Le ultime due a presentarsi con il cappello in mano sono state General Motors e Chrysler che hanno chiesto al Congresso 11 miliardi di dollari per evitare la bancarotta. In cambio le due case (insieme a Ford) si impegnano a investire per creare mezzi ecologici.

La richiesta, all

a luce di quello che hanno ottenuto altre big corporate, non è nemmeno esosa. I colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac hanno detto che i 200 miliardi avuti fino ad ora non saranno sufficienti a rimettere a posto i bilanci. Il gigante delle assicurazioni Aig si prepara a chiedere altri soldi dopo aver ottenuto un aiuto da 150 miliardi. General Electric, invece, sta ancora contando il prestito da 139 miliardi.

Il mercato, intanto, scommette sui nomi dei prossimi questuanti. “In pole position potrebbero esserci banche come Bank of America, Jp Morgan Chase e Wells Fargo”, spiega uno studio di Oxford Analytica. “Nei loro bilanci sono iscritti prestiti per oltre 3mila miliardi di dollari. Ma per farvi fronte hanno accantonato 87 miliardi. Praticamente il 2,64% degli asset. E in uno scenario di crescente recessione, in cui una parte dei prestiti diventerà difficile da riottenere, è possibile che questa percentuale cresca fino arrivare al 10%. Inevitabilmente, quindi, si rivolgeranno alla Federal Reserve per ottenere un prestito e la Banca centrale dovrà lanciare altri piani di salvataggio oltre ai due, per un totale da 1.200 miliardi, già inaugurati”.

La situazione congiunturale americana, nel frattempo, continua ad essere complessa. Secondo uno studio della società di recruiting Adp Employer Services, a novembre le società Usa hanno mandato a casa un totale di 250mila persone. Il maggior numero di licenziamenti si sono registrati nel comparto finanziario e in quello della grande industria.

Se il dato sarà confermato dai numeri del Dipartimento del lavoro (attesi nel fine settimana) si tratterebbe dell’undicesimo mese consecutivo di aumento del tasso di disoccupazione. Un’eventualità che un sondaggio condotto da Bloomberg sembra dare per certa.

Secondo i dati della Mortgage Bankers Association, invece, settimana scorsa sono aumentate le richieste di mutui per la casa (+112%). Per gli analisti, tuttavia, è presto per dire che la crisi sia arrivata al picco massimo. Se è vero, infatti, che una ripresa del comparto immobiliare darà il via all’assestamento dell’economia, è anche vero che le maggiori richieste sono il frutto dei tagli dei tassi operati dalla Federal Reserve e dei bassi prezzi delle case. La disoccupazione e la scarsa fiducia delle famiglie, quindi, terranno lontani dal mattone ancora molti compratori.

Un dato che invece viene letto positivamente è quello sulla produttività che, nel terzo trimestre, è salita dell’1,3% (annualizzato). Questo, unito a un minor costo del lavoro, significa che gli sforzi delle aziende per tornare a vedere profitti stanno funzionando.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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