Asia, occhio a G20 e Cina

I due fattori giocano una parte importante nel suo futuro. A breve e nel lungo periodo.

Marco Caprotti 11/11/2008 | 14:36
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Un occhio alla prossima riunione del G20 e uno al futuro della Cina. Sono questi, secondo gli analisti, gli elementi a cui stanno facendo attenzione gli investitori mentre impostano le loro strategie per l’Asia. Nella speranza, aggiungono, di vedere correre di nuovo l’indice Msci della regione (Giappone escluso) che nell’ultimo mese (fino all1 novembre e calcolato in euro) ha sì guadagnato il 2,33%, ma deve ancora fare molta strada per recuperare il 46,6% perso da inizio anno.

“A pochi giorni dalla riunione dei 20 Paesi più industrializzati e in via di sviluppo del mondo (previsto per il prossimo weekend, ndr) gli operatori sono molto cauti”, dice una nota di Morningstar. “La situazione è, a suo modo, curiosa. Dal punto di vista dei fondamentali ci aspettiamo ancora cattiv

e notizie per la regione. Ma da quello politico attendiamo elementi positivi dai leader mondiali. Il lato economico potrebbe prevalere. Ma la tendenza dei governi a intervenire sui mercati sta frenando un po’ le vendite sulle Borse asiatiche”. Nel dubbio, alcuni gestori nei giorni scorsi hanno iniziato a mettere in portafoglio titoli legati all’acciaio e alle materie prime.

L’altra incognita riguarda la Cina. Il Paese del drago ha appena varato un piano chiamato “di stimolo all’economia” da 600 miliardi di dollari che ha immediatamente e favorevolmente impressionato le Borse mondiali. “Ma nel lungo periodo, il Regno di mezzo potrebbe mostrare alcune debolezze”, spiega in uno studio Dan Su, analista azionario di Morningstar. Indicazioni in questo senso sono arrivate dalla Fiera di Canton l’appuntamento stagionale più importante per i businessman che vogliono fare affari da e per la Cina.

In quest’occasione sono stati firmati contratti per un totale di 31 miliardi di dollari, in calo del 17,5% rispetto all’edizione di primavera e del 16% rispetto a quella d’autunno dell’anno scorso. Il declino è stato registrato soprattutto da parte degli ordinativi dall’estero. L’ultima volta che i contratti sono calati è stato nel 2003, quando il Paese era al centro dell’attenzione internazionale per l’epidemia di Sars.

“Molti clienti internazionali sono preoccupati per il rallentamento globale”, continua Su. “Questo li ha spinti a cancellare gli ordinativi con la Cina o a fare acquisti di breve termine. La maggior parte dei contratti ha come scadenza per la consegna dei materiali la prossima primavera. Per questo ci aspettiamo problemi nell’intero 2009 per molti esportatori cinesi”.

Questa situazione peraltro è già evidente in alcune previsioni. Credit Suisse, per esempio ha abbassato le stime di crescita di Singapore per il prossimo anno, portandole dal 2,8% allo 0,7%. Un brutto segnale, considerando che la città-stato, nella regione asiatica, è uno dei principali partner finanziari della Cina.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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