I sudori freddi delle Borse mondiali

L'Msci World nell'ultimo mese ha perso il 6%. Gli analisti consigliano di non tenere i soldi sotto il materasso.

Marco Caprotti 24/09/2008 | 15:52
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E’ stato un mese rocambolesco, quello appena concluso, per le Borse mondiali. L’indice Msci World (fino al 24 settembre e calcolato in euro) ha perso più del 6%, portando a -22% la performance da inizio anno. Colpa soprattutto dei titoli finanziari che rappresentano più del 20% delle azioni comprese nel paniere.

E proprio banche e assicurazioni hanno fatto vivere momenti di vero panico agli investitori. I due giganti dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac sono state salvate dal governo Usa non far finire nel baratro milioni di famiglie americane. Il colosso delle assicurazioni AIG è stato nazionalizzato per evitare lo stesso destino agli assicurati. La storica banca d’affari Lehman Brothers ha chiuso i battenti, mentre le sue concorrenti o hanno cambiato proprietà o hanno mutato miss

ion. E tutto questo solo a Wall Street.

Gli effetti del tornado si sono fatti sentire non solo negli Stati Uniti ma in ogni angolo del globo. L’Msci North America ha perso più del 7%. Lo Europe è calato del 6%. In Asia (Giappone escluso) il crollo ha sfiorato il 10%. Il tutto in uno scenario mondiale di rallentamento economico (che in alcuni casi è diventato una vera e propria recessione) e forte volatilità dei prezzi delle materie prime a cui la curva della congiuntura è strettamente legata. Le domande che circolano fra la maggior parte degli operatori sono essenzialmente due. Prima: il peggio è passato? Seconda: come bisogna comportarsi sui mercati.

Dare una risposta alla prima domanda è difficile. I gestori sono convinti che se le grandi istituzioni finanziarie fossero state più veloci e trasparenti nel comunicare i danni provocati dagli investimenti su strumenti collegati ai mutui americani subprime (quelli di scarsa qualità), la tempesta non sarebbe stata così violenta. Ma proprio la reticenza dei colossi finanziari a rilasciare informazioni non fa escludere che altre cattive notizie, dopo i 500 miliardi di dollari di svalutazioni operati da banche e assicurazioni, possano arrivare nelle prossime settimane.

Le banche centrali, nel frattempo, terranno la guardia alta seguendo l’esempio delle Federal Reserve. Il salvataggio di Fannie&Freddie e di AIG e l’affondamento di Lehman sono stati un messaggio molto chiaro: le autorità monetarie mondiali danno una mano a quegli istituti che sono direttamente coinvolti con le finanze dei semplici cittadini, ma non sono disposte a fare favori alla casta delle banche d’investimento.

Dal punto di vista operativo verrebbe voglia di mettere i soldi sotto un materasso aspettando tempi migliori. “Ma sarebbe la scelta peggiore da fare”, spiega Christopher Davis, analista di Morningstar. “Le decisioni prese nei momenti di panico raramente si sono dimostrate sagge. Spesso, invece, i mercati ricominciano a salire quando uno meno se lo aspetta. Nel 2002, per esempio gli Stati Uniti erano ancora storditi dagli attacchi terroristici di un anno prima, colpiti dagli scandali finanziari e alle prese con un periodo di economia stagnante. Eppure erano anche in marcia verso un rally durato quattro anni. Ogni esperto di materie finanziarie confermerà che una crisi come questa sembra terribile mentre ci si trova in mezzo. Ma la buona notizia è che finisce sempre”.

Qualcuno, intanto si sta già dando da fare. Il finanziere Warren Buffet ha investito 5 miliardi di dollari per acquistare azioni privilegio di Goldman Sachs. La utility francese Edf, invece, ha sborsato 12,5 miliardi di sterline per aggiudicarsi il colosso inglese British Energy.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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