La guerra e gli effetti sulle commodity minerarie

Il conflitto e alcune manovre speculative hanno fatto volare i prezzi di molti metalli. Le valutazioni, dicono gli analisti di Morningstar, non sono sostenibili nel lungo periodo.

Marco Caprotti 29/03/2022 | 11:35
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russia

Lo scoppio della guerra in Ucraina e le successive sanzioni imposte alla Russia hanno avuto impatti significativi sulle materie prime. Comprese quelle minerarie che, dallo scoppio della guerra, hanno visto forti picchi di volatilità.  

“Lo si è visto bene l’8 marzo, quando, rispetto alle valutazioni del 2021, il nichel è aumentato del 160%, l'alluminio del 50%, l’uranio del 39%, lo zinco del 38%, il palladio del 24%, l’oro del 14%, il rame del 10% e il platino del 6%”, dice Mathew Hodge, Director della ricerca di Morningstar in una nota del 10 marzo.

Movimenti speculativi che hanno portato un certo grado di confusione sul mercato. Il London Metal Exchange, ad esempio, ha bloccato le contrattazioni sul nichel a causa dei forti acquisti di un operatore cinese che ne ha fatto schizzare le valutazioni, per poi riaprirle il 16 marzo. Il reopening, peraltro, non è andato bene visto che le contrattazioni sono state bloccate di nuovo dopo qualche minuto per un guasto tecnico (sono poi riprese nel pomeriggio).

Perché la Russia è importante
I numeri spiegano bene l’importanza della Russia nel contesto delle commodity minerarie. Secondo le analisi di Morningstar, il paese rappresenta oltre il 40% della produzione mondiale di palladio, circa il 13% di quella di platino e più del 10% di quella di nichel. Ma Mosca pesa per il 6% nella produzione e commercio di platino e per una quota simile nello zinco.

“Va comunque considerato che se le forniture dalla Russia si sono interrotte, la sua capacità di produzione è ancora intatta”, dice l’analista. “Un trattato di pace e un accordo politico potrebbero portare le forniture del paese di nuovo sul mercato in tempi relativamente brevi. Detto questo, c'è ancora una notevole incertezza su quanto tempo l’interruzione degli approvigionamenti potrebbe durare”.

Due segmenti da tenere d’occhio, secondo l’analista, sono quelli del carbone termico (thermal coal) e  metallurgico (iron coal), dove i prezzi sono triplicati rispetto ai valori del 2021. “Anche qui, i movimenti sono il riflesso del peso che la Russia ha in questi mercati: rappresenta il 15% del commercio di thermal coal e il 10% di Iron coal”, dice.

Fair value fermi
Dal punto di vista operativo, per quanto riguarda le società minerarie coperte dalla ricerca Morningstar, la scelta dell’analista è quella di non intervenire sulle stime di fair value. 

“Le valutazioni record di alcune commodity non possono essere sostenibili e non possono condizionare le nostre stime sul lungo periodo”, spiega l’analista. “Tuttavia potremmo intervenire se gli shock alle forniture dovessero essere più rilevanti di quanto ci aspettiamo”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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