Oro ai massimi. E le azioni minerarie?

L’oro ha segnato un nuovo record storico spinto da acquisti cinesi e tensioni geopolitiche. Ora sembrano svegliarsi anche le azioni delle società minerarie aurifere.

Valerio Baselli 06/05/2024 | 09:53
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Oro

Tradizionalmente, un dollaro forte e dei rendimenti obbligazionari in aumento non sono positivi per l'oro (che è privo di interessi).

Eppure, lo scorso 12 aprile, il prezzo spot dell’oro ha toccato il livello più alto di sempre a circa 2.431 dollari l’oncia. Da allora, il valore del lingotto è sceso leggermente attestandosi intorno ai 2.300 dollari, un range comunque storicamente elevatissimo, facendo segnare un rendimento del 25% circa negli ultimi sette mesi (dati al 2 maggio, in dollari).

Questa spinta non è stata provocata dai mercati finanziari. Proprio a causa delle dinamiche macroeconomiche e monetarie, la domanda di oro da parte degli investitori ha continuato a diminuire nel corso degli ultimi anni: secondo i dati Morningstar, infatti, gli exchange-traded commodity (ETC) sui metalli preziosi hanno visto a livello globale deflussi netti pari a 15,6 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi.

Nello specifico, in concomitanza con il record storico del mese scorso, gli investitori globali in ETC su oro fisico (almeno quei pochi rimasti) non hanno esitato a prendere massicciamente profitto, riscattando ben 3,9 miliardi di dollari nel mese di aprile, segnando così il più importante deflusso netto mensile mai registrato da questa categoria da quando Morningstar raccoglie dati sui flussi d’investimento (2007). 

Pechino ha fame d’oro

Sebbene i previsti cambiamenti di politica dovish da parte della Federal Reserve siano un elemento chiave, le dinamiche alla base dell'impennata sembrano essere più sottili.

“L’oro ha già metabolizzato il ridimensionamento delle prospettive di allentamento della politica monetaria da parte della Federal Reserve previsto per il 2024, eppure sta continuando la sua traiettoria al rialzo”, spiega Ned Naylor-Leyland, gestore del fondo Gold & Silver di Jupiter AM. “Questo suggerisce che sono in gioco altri fattori, come il ritorno di una significativa domanda di oro fisico, in particolare dalla Cina e dal Medio Oriente. Questa ondata di acquisti fisici potrebbe essere determinata da una confluenza di motivi, tra cui le preoccupazioni inflazionistiche e le crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente”.

La Cina è infatti diventata uno dei più importanti acquirenti d'oro al mondo. La China Gold Association (CGA) ha riferito che il consumo d'oro del Paese nel 2023 ammontava a quasi 1.090 tonnellate, con un aumento dell'8,73% rispetto all'anno precedente. Un altro indicatore della domanda complessiva di oro in Cina, lo Shanghai Gold Exchange (SGE), ha registrato a gennaio un aumento della domanda del 95% su base annua.

“Dietro alla domanda record proveniente dalla Cina, si sta verificando un interessante cambiamento demografico”, continua Ned Naylor-Leyland. “Gli acquirenti più giovani, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, hanno aumentato la loro quota di acquisti complessivi di oro dal 16 al 59% nel 2023. Il calo del mercato azionario e dei valori immobiliari locali ha contribuito all'aumento della generazione più giovane, ma è la forma di investimento che indica la vera natura del cambiamento demografico. Gli acquirenti più giovani in Cina scelgono di acquistare chicchi d’oro da un grammo per conservare il patrimonio a lungo termine”.

Tuttavia, secondo Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch, “l’oro beneficerebbe soprattutto di tassi d'interesse reali negativi, che il Giappone ha ancora e di cui probabilmente ha bisogno nel lungo periodo. Negli Stati Uniti, invece, il tasso di interesse reale sulle obbligazioni legate all'inflazione è pari a +2% e dovrebbe scendere in modo significativo per rendere l'oro nuovamente interessante per gli investitori statunitensi come copertura dell'inflazione”.

Ma soprattutto Flossbach pensa che “non sia possibile fare previsioni serie sul prezzo dell'oro. Negli ultimi 10 anni, gli investitori hanno potuto godere di un aumento annuale del prezzo dell'oro di oltre l'8% in euro. In prospettiva, non dobbiamo aspettarci un'altra crescita simile. Per noi gli investimenti in oro non sono incentrati sul rendimento, ma sul loro carattere assicurativo nell'ambito di una strategia d'investimento diversificata”.

Tempo di guardare ai titoli auriferi?

Se da un lato il valore dell’oro fisco ha corso molto negli ultimi sei-sette mesi, dall’altro le quotazioni delle società aurifere (cioè quelle aziende che lo estraggono e lo commercializzano) non sono state in grado di seguire la scia.

Il semplice confronto tra due ETF della stessa casa di gestione esposti a queste due asset class, l’ETC iShares Physical Gold e l’ETF iShares Gold Producers, rende evidente questo divario: nell’ultimo anno il primo ha guadagnato il 17,7%, mentre il secondo solo il 2,5%. 

In compenso, qualcosa sembra essere cambiato negli ultimi tre mesi, con l’ETC sull’oro fisico di iShares che ha segnato un +14,4% e quello sulle azioni delle aziende minerarie aurifere +20,4% (in euro, al 2 maggio 2024).

“Dopo anni di sottovalutazione rispetto al metallo, l’indice NYSE Arca Gold Miners e l’indice MVIS Global Juniors Gold Miners hanno nettamente superato l’oro dal mese di marzo. Questo potrebbe segnare l’inizio di un’inversione di tendenza, attesa da tempo, per le azioni del settore minerario aurifero”, afferma Imaru Casanova, portfolio manager oro e metalli preziosi di VanEck.

In linea generale, benché i rendimenti dell’oro fisico e dei titoli azionari di società minerarie aurifere siano correlati nel lungo termine, possono non esserlo nel breve. Semplificando, più il prezzo dell’oro sale, più diventa conveniente scavare per trovare fonti d’oro. Le azioni minerarie possono salire significativamente quando l’oro sale, ma non è sempre così. Tradizionalmente, quindi, i titoli del settore mining sono più volatili e amplificano i movimenti del metallo giallo, come si evince anche dal grafico precedente.

“Gli outperformer del settore devono anche dimostrare di avere un posizionamento fondamentale e una strategia solida che traduca l’aumento dei prezzi dell’oro in un miglioramento del flusso di cassa e in rendimenti più elevati, che consentiranno la crescita”, prosegue Casanova. “La crescita organica non è facile nel settore dell’oro. La ricerca di nuovi giacimenti d’oro o la definizione/espansione di quelli esistenti è un processo difficile, lungo e che richiede un elevato investimento di capitale. Per espandere in modo significativo la propria base di riserve e risorse in via di esaurimento, le società devono generalmente acquisire altre società o beni. A parità di condizioni, più un progetto è avanzato, più alta è la sua valutazione e più rapida è la crescita dell’azienda”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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