Investire seguendo le emozioni può essere costoso. Ecco come difendersi

Le ricerche Morningstar dimostrano che vendere nei momenti di panico non è una buona idea. In un mercato scosso dal Covid-19, è opportuno apprendere i concetti comportamentali da poter utilizzare per gestire le proprie paure e quelle degli altri.

Marco Caprotti 19/05/2020 | 09:14
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Le emozioni possono costare care. Anche quando si investe in Borsa. “Il rischio maggiore è quello di farsi prendere dal panico nei momenti di ribasso dei mercati. Secondo le nostre stime e quelle di altri studiosi della materia, il costo per l’investitore comune può essere di 100-150 punti base (annualizzato)”, spiega Steve Wendel, responsabile delle analisi sulle scienze comportamentali di Morningstar.

Gli effetti del cosiddetto panic selling, peraltro, li subiscono pure gli operatori meno emotivi. “Anche se un investitore non si fa prendere dalla paura, le reazioni dettate dal panico di altri attori del mercato influenzano il valore dei suoi asset” dice Wendel.

Uno degli elementi che possono portare a reazioni eccessivamente emotive quando si investe nasce dal modo in cui sono formulati i piani di investimento di lungo periodo da parte di un individuo. “Ci sono due elementi in contrasto fra loro di cui tenere conto”, dice Wendel. “Uno è il fatto di dover prendere dei rischi per raggiungere i propri obiettivi finanziari. L’altro è il dover evitare pericoli eccessivi per non essere sempre preoccupati e arrivare poi ad abbandonare il proprio piano di investimento”.

Due approcci più uno
Per gestire queste due esigenze di solito si adottano due approcci: uno analizza la capacità di rischio di un investitore, l’altro cerca di capire quali tipi di pericoli è in grado di sopportare. “Sfortunatamente queste due scelte, prese singolarmente o unite, spesso portano a costruire portafogli che sono facili prede della volatiltà del mercato e questo, a sua volta, può generare panico” dice Wendel. “Nei nostri studi abbiamo scoperto che costruire un portafoglio basandosi solamente sulle preferenze di rischio per dare agli investitori asset a bassa volatilità ha ridotto di poco i danni derivanti dalle vendite emotive: le perdite sono passate dai 100-150 punti base a circa 80-130 basis point”.

Il problema è che, quando ci sono pesanti ribassi dei mercati, anche gli investimenti meno volatili possono scendere tanto da far scattare vendite dettate dalla paura da parte degli operatori meno propensi al rischio. Tutto questo condiziona negativamente l’intero andamento del mercato.

“Per fortuna ci sono dei sistemi per affrontare il pericolo di vendite emotive senza dover cambiare l’allocazione del portafoglio”, dice Wendel.

I più comuni sono:
-costruire portafogli di lungo termine che poi dovranno essere “dimenticati” per un certo periodo.

-Studiare bene quali sono i meccanismi che possono portare tutti gli investitori a commettere un qualche tipo di errore comportamentale. Idealmente queste lezioni andrebbero ripassate subito prima di fare un’operazione di trading.

“Nell’ambito delle nostre ricerche abbiamo studiato un approccio combinato: tecniche comportamentali che servono per mitigare le vendite emotive e un asset allocation basata esclusivamente su un bisogno (la capacità di rischio, non le prefernze)”, dice Wendel. “In generale gli investitori che si sono concentrati su un bisogno solo e sono riusciti ad evitare il panico hanno ricevuto in cambio una crescita netta del valore dei loro asset in una forchetta compresa fra il 17% e il 23% in 10 anni”.

Volatilità ed emozioni
Ma in che modo la volatilità del mercato influisce sul comportamento degli investitori? Secondo Wendel le reazioni alla volatilità del mercato possono essere attribuite a due fenomeni comportamentali.

- Le nostre menti utilizzano come guida il passato più recente e vivo

“Siamo tutti programmati per interpretare le prime sensazioni e i primi pensieri come indicatori del futuro”, dice Wendel. “Alcune ricerche hanno mostrato che gli eventi più recenti e vivi, come un calo del mercato azionario, sono molto più convincenti degli eventi accaduti in un passato più distante. Di solito consideriamo il passato recente come guida di ciò che accadrà in futuro. Nel mondo degli investimenti, questo approccio viene talvolta denominato recency bias. Il nostro primo istinto non è quello di pensare in che modo i mercati si sono ripresi dopo il tracollo del 1987 o la bolla delle dot-com. È, piuttosto, quello di pensare a ciò che è andato perduto nelle ultime due settimane”.

- Osserviamo il modo in cui rispondono gli altri

“C'è anche un bias cognitivo, nel quale tendiamo a seguire gli altri quando non siamo sicuri di cosa fare”, spiega Wendel. “Andare contro le norme sociali è difficile, e, se lo facciamo, temiamo di essere rifiutati. Nella vita di tutti i giorni, quando non disponiamo di buone informazioni in maniera autonoma, può essere decisamente ragionevole seguire il gruppo”.

Ma quando si tratta di investire, questi bias possono essere fuorvianti. “Dare per scontato che la volatilità del mercato a breve termine porterà a perdite di capitale permanenti nel lungo termine non è utile”, dice Wendel. “Anzi, è proprio il contrario. E quando si investe, se il gregge si comporta seguendo questa convinzione, possono effettivamente esserci opportunità migliori per gli investitori in un'altra direzione”.

Il compito dei consulenti
In che modo i consulenti possono aiutare i clienti ad affrontare l'ansia finanziaria? “L'intensità di un accadimento è spesso una delle ragioni che ci rendono ansiosi in relazione alla volatilità del mercato. Più la recessione si fa vivida e chiara, più appare reale”, risponde Wendel. “Quindi, è possibile combattere questa chiarezza con altrettanta chiarezza. In tempi di Coronavius si può fare offrendo un modello chiaro di altri investitori che, ad esempio, si sono lasciati guidare dal gregge durante le recessioni del mercato dovute al timore della Sars o allo scoppio del virus Zika e sono finiti per perdere guadagni sostanziosi nei periodi successivi. L'intento non è quello di impaurire le persone, ma di rendere chiari e inconfutabili i risultati”.

Da qui deriva la necessità di offrire un esempio chiaro, reale e ben fatto riguardante le persone che, nonostante tutte queste paure, si sono attenute ai propri piani a lungo termine e che, alla fine, hanno guadagnato. “Qui ragionare in astratto è inutile”, conclude Wendel. “Piuttosto, il consulente ha il compito di aiutare il cliente a inquadrare bene la persona che ha adottato il giusto approccio nella gestione della volatilità del mercato”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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