“Terricidio” è un termine coniato dal movimento di donne indigene Mapuche (Argentina) per denunciare l’omicidio degli ecosistemi e dei popoli che li abitano, oltre che di tutte le forze che regolano la vita sulla terra, ossia che costituiscono la condizione essenziale per la sopravvivenza di uomini, animali e vegetali. I rischi anche economici, spesso sottovalutati, della perdita di biodiversità sono enormi.
I numeri del degrado
Secondo il Living planet index, una misura dello stato di salute della diversità biologica nel mondo, circa il 60% delle specie vertebrate si sono estinte dal 1970. Inoltre, l’organismo intergovernativo indipendente Ipbes (Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services) stima che quasi un milione di animali e piante siano a rischio attualmente. Sul sito delle Nazioni unite dedicato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) si legge che nonostante qualche segnale di miglioramento, i target 2020 per il goal n. 15 (la vita sulla terra) “è improbabile siano raggiunti, perché il degrado ambientale continua, la perdita di biodiversità è a livelli allarmanti, le specie alloctone (quelle che si trovano a vivere in ambienti diversi dagli originali a causa dell’opera dell’uomo) e il traffico illecito di animali selvatici continua a vanificare gli sforzi di proteggere gli ecosistemi vitali e le specie”. Il tema sembra più che mai di attualità in un momento in cui si cerca di capire l’origine del Covid-19 e la diffusione dell’epidemia in tutto il mondo.
Il Living planet index dal 1979 al 2014
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