Solo la fiscalità può rilanciare la previdenza complementare

Un’aliquota preferenziale (magari comparabile al 12,5% attualmente riservata ai Titoli di Stato) sarebbe la misura più efficace, secondo il professor Gianni Geroldi. Detto questo, è primordiale che gli stipendi dei giovani lavoratori crescano per dare davvero la possibilità di risparmiare.

Valerio Baselli 13/02/2020 | 11:28
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Buongiorno e benvenuti. Ci troviamo a Roma dove è appena stato presentato il Settimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Tra le altre cose, lo studio conferma che la riduzione delle pensioni proseguirà anche nel prossimo decennio, a causa dei due stabilizzatori automatici della spesa, e cioè l’adeguamento dell’età pensionabile e dei coefficienti di trasformazione alla speranza di vita.

Come fare dunque per evitare di andare in pensione con un assegno insufficiente? Lo abbiamo chiesto al professor Gianni Geroldi, ordinario di Economia all’Università di Parma e membro del Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali.

Di seguito, i punti principali evidenziati dal Rapporto:

- Benché in leggera crescita, la spesa pensionistica è sotto controllo: nel 2018, ha raggiunto i 225,593 miliardi (contro i 220,843 del 2017); sempre più insostenibile appare invece il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale: 105,666 miliardi di euro nel 2018, con un tasso di crescita annuo dal 2008 pari al 4,3%.

- Parallelamente all’aumento del tasso di occupazione complessivo, prosegue anche nel 2018 la lenta ma progressiva diminuzione del numero dei pensionati: il rapporto attivi/pensionati tocca quota 1,4505, valore prossimo all’obiettivo dell’1,5. Ancora da valutare però il possibile impatto negativo di Quota 100.

- La spesa per prestazioni sociali (pensioni, assistenza e sanità) in Italia incide per il 54,14% sull’intera spesa pubblica comprensiva degli interessi sul debito: l’incidenza rispetto al PIL, considerando anche altre funzioni sociali e le spese di funzionamento degli Enti che gestiscono il welfare, sfiora il 30%, uno dei valori più alti nell’Europa a 27 Paesi.

- Per finanziare il generoso sistema di welfare italiano, sono occorsi 462,114 miliardi, vale a dire tutti i contributi sociali e di scopo (quando previsti), tutta l’IRPEF, tutta l’IRES, tutta l’IRAP e quasi tutta l’ISOS: sempre più residue dunque le risorse da destinare a crescita e sviluppo del Paese.

- Un accorto monitoraggio della spesa assistenziale, anche attraverso l’istituzione di un casellario centrale, e il contrasto dell’evasione fiscale e contributiva le questioni più urgenti ai fini della sostenibilità del sistema.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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