Luci e ombre del Pac

Il Piano di accumulo di capitale può essere implementato in vari modi e spesso è una strada obbligata. Ma per chi può scegliere è fondamentale sapere che c’è un costo-opportunità da pagare per la liquidità in eccesso e che il trend generale di mercato fa la differenza. Da un punto di vista psicologico, invece, è molto utile.

Valerio Baselli 22/10/2018 | 09:23
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I giocatori di poker lo chiamano all in, tutto sul piatto in una volta sola. È quello che si fa quando si è sicuri di vincere oppure si tenta il tutto per tutto. Benché l’attività d’investimento, almeno quella seria, ha ben poco a che spartire col poker, anche gli investitori devono decidere se entrare nel mercato a colpi di all in, oppure se affidarsi a un Pac, Piano di accumulo del capitale, cioè una modalità di accesso al mercato graduale, che si basa su sottoscrizioni periodiche di importi modesti. Ad esempio, si può prevedere di effettuare 60 versamenti di 200 euro l'uno con cadenza mensile, al termine dei quali si sarà effettuato un investimento complessivo di 12 mila euro in cinque anni. L’alternativa è quella di investire subito i 12 mila euro. 

Non tutti possono scegliere
La premessa è d’obbligo: non tutti hanno a disposizione una somma importante da investire tutta in una volta. La maggior parte delle persone sono obbligate a percorre la strada del piano di accumulo, in quanto il loro risparmio deriva dal loro lavoro ed è quindi normale aggiungere al proprio portafoglio del capitale fresco mensilmente o trimestralmente. Certo, ci si può sempre ritrovare con una bella somma disponibile in liquidità, magari perché si ha incassato la liquidazione, o un importante bonus, oppure un’eredità. 

Il toro non è amico del Pac
Chi si trova nella posizione di poter scegliere tra l’all in e il Pac deve essere consapevole che esiste un costo-opportunità da pagare per detenere liquidità durante l’attesa d’investire. Questo costo, però, dipende molto da come si comporta il mercato. Nelle fasi “toro”, quelle rialziste, il costo si fa particolarmente salato.

Cerchiamo di fare un esempio concreto: il sig. Rossi e il sig. Verdi hanno entrambi 10 mila euro da investire e decidono di farlo nello stesso fondo. Il primo utilizza subito tutto il capitale a sua disposizione, mentre il secondo opta per investire due mila euro al mese per i cinque mesi successivi.

Immaginiamo che il sig. Rossi abbia quindi acquistato 5.556 quote del fondo scelto a 1,80 euro a quota. Nel caso in cui il mercato viva un periodo rialzista, il sig. Verdi, invece, acquisterebbe:
1.111 quote a 1,80 euro nel primo mese
1.099 quote a 1,82 euro nel secondo mese
1.081 quote a 1,85 euro nel terzo mese
1.070 quote a 1,87 euro nel quarto mese
1.053 quote a 1,90 euro nel quinto mese

Al termine del periodo, il sig. Rossi avrà 5.556 quote per un valore totale di 10.556 euro, mentre il sig. Verdi avrà 5.414 quote per un controvalore di 10.287 euro. Insomma, in questo caso, il Pac non si è rivelato la soluzione migliore.

Nel caso in cui il mercato viva una fase “orso”, cioè ribassista, il sig. Verdi acquisterebbe:
1.111 quote a 1,80 euro per quota nel primo mese
1.250 quote a 1,60 per quota nel secondo mese
1.379 quote a 1,45 per quota nel terzo mese
1.538 quote a 1,30 per quota nel quarto mese
1.667 quote a 1,20 per quota nel quinto mese.

Al termine del periodo, il sig. Rossi avrà 5.556 quote per un valore totale di 4.630 euro (pagate sempre 1,80 euro all’inizio del periodo), mentre il sig. Verdi avrà 6.945 quote per un controvalore di 8.334 euro. Entrambi hanno perso denaro, ma in questo caso il Pac ha permesso di limitare le perdite.

Infine, immaginiamo che il mercato viva una fase di volatilità, con le quotazioni del fondo che fluttuino nel corso del periodo. In questo caso, il sig. Verdi acquisterebbe:
1.111 quote a 1,80 euro per quota nel primo mese
1.667 quote a 1,20 per quota nel secondo mese
1.081 quote a 1,85 per quota nel terzo mese
1.481 quote a 1,35 per quota nel quarto mese
1.053 quote a 1,90 per quota nel quinto mese.

Al termine del periodo, il sig. Rossi avrà 5.556 quote per un valore totale di 10.556 euro, mentre il sig. Verdi avrà 6.393 quote per un controvalore di 12.147 euro. In questo caso, quindi, il Pac si è rivelato la scelta migliore: investendo una somma fissa ogni mese, il sig. Verdi ha potuto acquistare più quote sfruttando i prezzi bassi e meno quote in caso di prezzi più elevati, con il risultato di aver in portafoglio più quote e un controvalore più elevato. Nel nostro esempio le fluttuazioni nel valore sono molto ampie, ma è per dare un’idea.

I limiti del Pac nel lungo periodo
Al di là di concetti intuitivi come quelli esposti nel paragrafo precedente, uno studio pubblicato da Vanguard nel 2013 sul mercato statunitense sostiene che, in media, la scelta di investire tutto subito ha permesso di guadagnare di più rispetto al Pac nel 67% dei casi. Gli analisti hanno esaminato i rendimenti storici mensili per un milione di dollari investito in un’unica soluzione e per la stessa somma investita attraverso un Pac annuale con scadenza decennale (100 mila dollari ogni anno). L’ipotesi è che la somma non ancora investita venga tenuta come liquidità. Lo studio ha riguardato diverse asset allocation, da un portafoglio 100% azionario, a uno misto 60-40 a uno completamente obbligazionario. Infine, gli analisti hanno confrontato i risultati delle varie soluzioni (investimento unico oppure Pac) con scadenza decennale, dal 1926 al 2011.

Il risultato complessivo è che nel 67% dei casi il portafoglio investito in un’unica soluzione ha sovraperformato quello costruito tramite il Pac, in media del 2,3% su base decennale.

Inoltre, secondo l’analisi, più si allarga il periodo temporale della contribuzione col Pac, meno esso diventa performante. In sostanza, un Pac con contribuzione ogni sei mesi perde meno nel confronto con l’investimento in un’unica soluzione rispetto ad un Pac con contribuzione ogni 12 mesi, che però sovraperforma un Pac con contribuzione ogni 18 mesi, e così via. In pratica, più si tengono i soldi sotto il materasso, più si perde.

Tuttavia, lo studio evidenzia anche che durante le fasi di mercato ribassiste, l’investimento tramite Pac aiuta a contenere le perdite. Infatti, nei decenni di crisi, i portafogli che si poggiano su un Pac si sono comportati meglio.

Poco alla volta per ridurre l’ansia
Il Piano di accumulo di capitale, però, si rivela utile da un punto di vista psicologico. “L’investimento graduale aiuta gli investitori a restare disciplinati, soprattutto durante fasi di turbolenza sui mercati”, afferma Christine Benz, responsabile della sezione finanza personale di Morningstar. “Concentrare i propri investimenti in sottoscrizioni più importanti ma meno frequenti ha come conseguenza quella di aumentare l’effetto emotivo sugli investitori. Da questo punto di vista, è meglio investire 100 euro ogni mese, piuttosto che 1.200 euro una volta all’anno. Se il mercato vivesse un tracollo nelle settimane precedenti il versamento annuale, questo potrebbe portare a essere molto meno inclini ad effettuarlo, subendo così la distorsione cognitiva che gli esperti chiamano loss aversion, la paura di perdere. Distorsione che invece, nel caso si effettuassero sottoscrizioni mensili, sarebbe molto meno marcata”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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