I corporate fanno i conti con la volatilità

Gli spread del segmento continuano ad allargarsi e restringersi. Colpa anche dell’andamento delle materie prime che aumenta i rischi di fallimento. Meglio stare lontani dal comparto oil e guadare altri settori. 

Marco Caprotti 18/04/2016 | 09:48 Dave Sekera
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Volatilità è la parola d’ordine che sembra dominare sul segmento corporate dei bond. Colpa, anche, della crisi che stanno attraversando le commodity in generale e il settore energetico in particolare. I movimenti repentini sono evidenti guardando l’andamento del Morningstar Corporate Bond Index che ha evidenziato un allargamento degli spread nelle prime sei settimane del 2016, è crollato a metà febbraio e ha dato segni di recuperi a marzo. Gli spread del credito hanno toccato anche i massimi da giugno 2012. La volatilità è aumentata in coincidenza delle preoccupazioni legate al crollo dei prezzi delle commodity e dell’aumento dei timori di recessione. Alla fine di febbraio, tuttavia, si è notato un miglioramento della situazione in Usa e il raggiungimento di un apparente punto di equilibrio nelle valutazioni del petrolio (almeno nel breve periodo). Considerando che gli spread in quel periodo avevano raggiunto livelli visti in altri momenti di recessione, si è pensato che, con il miglioramento della situazione congiunturale e con ulteriori recuperi dei prezzi delle materie prime, ci sarebbe stato un restringimento veloce.

Lo spread medio del Mornigstar Corporate Bond Index ha iniziato l’hanno a +168, ha toccato il picco a +215 il 12 di febbraio e quindi si è ristretto a +166 il 22 marzo. Nel segmento high yield lo spread medio dell’indice Bank of America Merrill Lynch High Yiled Master II è stato di +695 a inizio anno, è arrivato a +887 l’11 di febbraio per scendere a 669 il 22 marzo. I prezzi del petrolio sono arrivati a un minimo di 26 dollari al barile per poi tornare a quota 40 dollari. Escludendo i minimi toccati nella tempesta finanziaria del 2008-2009 (crisi dei subprime, Ndr), gli spread delle obbligazioni corporate sono nella loro media di lungo periodo.

Il nodo energy
Un elemento importante con cui ha dovuto fare i conti il mercato obbligazionario corporate in termini di volatilità è stato il comparto energy. Da inizio anno, per quanto riguarda le obbligazioni investment grade il settore energetico ha assistito a un allargamento fino a quota 116 basis point prima di fare inversione a U e tornare dove era partito. Muoversi in questa situazione non è semplice. Il recente recupero dei prezzi delle commodity si è quasi del tutto esaurito e i prezzi tenderanno a stabilizzarsi o a scendere di nuovo. I tassi di default delle aziende legate a questo segmento continueranno a crescere. La buona notizia è che il recupero dell'economia americana dovrebbe permettere ad aziende a rischio di altri settori di rimettersi in piedi.

Attenti alle commodity
Dinamiche simili a quelle americane si sono viste sul mercato europeo delle obbligazioni aziendali, anche quelli high yield. I mercati emergenti, da parte loro, hanno avuto un inizio 2016 difficile a causa della fuga di capitali (soprattutto dalla Cina) verso i paesi sviluppati. Per quanto riguarda il secondo trimestre dell’anno, molte delle dinamiche che hanno caratterizzato il periodo gennaio-marzo saranno ancora in corso. Gli investitori devono essere pronti a nuove ondate di volatilità degli spread del segmento corporate. In questo quadro conviene utilizzare le fasi di sell-off per incrementare le posizioni in quei settori che sono al riparo dai movimenti al ribasso dei prezzi delle commodity. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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