Materie prime, la speranza non è per tutti

Il rally visto da inizio anno potrebbe non durare. Alcuni materiali pagheranno il calo degli investimenti dei cinesi. Pechino, però, riuscirà a dare una mano all’oro. Un aiuto all’intero settore arriverà dal mattone Usa.  

Marco Caprotti 05/04/2016 | 15:07
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Cosa farà la Cina? E l’India? E come sta andando l’immobiliare Usa?  Sono solo alcune delle domande le cui risposte determineranno l’andamento delle materie prime. Un segmento nel quale, dicono gli analisti di Morningstar, nonostante le nubi all’orizzonte, ci sono ancora alcune sacche di opportunità.

Il futuro del comparto, soprattutto nella componente formata dai materiali di base, è legata alle scelte che farà la Cina, da anni uno dei maggiori consumatori di questo tipo di commodity. “L’eccesso di capacità produttiva e una situazione preoccupante per quanto riguarda il rapporto debito/Pil rendono difficile al paese asiatico continuare ad acquistare come faceva prima”, spiega Jeffrey Stafford, analista di Morningstar.

I minerali ferrosi rappresentano forse il miglior esempio di come agisca la Cina rispetto ad alcuni materiali. Il rallentamento del Pil della prima economia emergente del mondo ha spinto gli investitori a pensare che i prezzi di questi materiali fosse arrivato al minimo e potesse solo risalire. Gli acquisti hanno portato le quotazioni dai 40 dollari per tonnellata metro di dicembre ai 60 dollari di questi giorni. “Ma è un trend che secondo noi si invertirà presto facendo crollare le quotazioni a 30 dollari”, dice l’analista di Morningstar. “Stiamo notando che l’offerta, soprattutto per quanto riguarda l’acciaio, sta crescendo mentre la domanda da parte della Cina e la crescita delle scorte inutilizzate suggeriscono che per questo segmento si sta preparando il peggio”.

Oro in controtendenza
Le cose cambiano quando si parla di oro e si guarda la Cina dal punto di vista dei consumi privati. Dopo un 2015 all’insegna della debolezza, il metallo giallo ha iniziato il 2016 a razzo. Merito anche della volatilità delle Borse mondiali che ha spinto molti investitori a ripararsi nel più classico dei porti sicuri facendone schizzare il valore di altri 200 dollari da 1.050 dollari a oncia in poco più di un mese. Nel breve termine, tuttavia, non è questo a determinare la forza del prezioso minerale, i cui rally legati alla ricerca di un investimento di sicurezza si sono sempre dimostrati fuochi di paglia. A breve, quindi il prezzo dovrebbe ridursi. “Nel lungo termine le prospettive dell’oro sono buone grazie soprattutto alla richiesta di gioielli che arriva dai privati”, continua l’analista di Morningstar. “La domanda di manufatti da parte dei cinesi (e degli indiani, altri grandi consumatori di metallo giallo) è stata forte anche alla fine dell’anno scorso. “Noi prevediamo quotazioni intorno ai 1.300 dollari l’oncia entro il 2020”.

Occhio alle case Usa
Un altro elemento da tenere d’occhio quando si parla di materiali di base è il settore delle costruzioni in America. Certo, in questo momento non brilla (a gennaio la costruzione di nuove abitazioni è scesa dai picchi di novembre, così come le richieste di nuovi permessi di edificare). “Tuttavia le cose sono migliorate molto rispetto all’inizio dell’anno scorso e questo ci spinge a pensare che il 2016 sarà un buon anno per l’immobiliare americano. Probabilmente in estate vedremo un picco di nuove costruzioni e di richieste, entrambe sostenute sia da fattori demografici che dall’aumento dei salari”. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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