Profitti sostenibili

Gli allarmi inquinamento e il petrolio in crisi stanno facendo spostare gli investitori verso l’energia pulita. I campioni saranno i big di oggi che riusciranno a mantenere il vantaggio competitivo. 

Marco Caprotti 12/01/2016 | 14:31
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Targhe alterne, blocchi del traffico, riscaldamento in case e luoghi di lavoro al minimo. Mentre i cittadini e i governi cercano soluzioni al problema del crescente inquinamento, i mercati sembrano aver già trovato la risposta: i titoli delle aziende che si occupano di energia pulita. In particolare, dicono gli analisti di Morningstar, di quelle che hanno un vantaggio competitivo (Economic moat) Ampio o che, almeno, non rischia di peggiorare mentre il settore si sviluppa.

Una scelta che, dal punto di vista dei rendimenti, ha ancora più senso soprattutto per chi vuole avere una componente energy per diversificare il portafoglio, ma non crede nelle prospettive di ripresa del petrolio. “Ci attendiamo una crescita degli investimenti nel segmento delle energie alternative da qui al 2020”, spiega Mark Barnett, analista di Morningstar. “Ma la strada sarà più accidentata di quella che abbiamo percorso negli ultimi 20 anni. I governi in passato hanno dato delle forme di incentivo a questo settore. Ma, alla luce delle politiche di riduzione della spesa pubblica che molte nazioni stanno portando avanti, questo elemento potrebbe venire a mancare”.

Meno fossile
Gli investimenti nelle energie rinnovabili sono (e sono stati) sostenuti dall’idea che l’uso di combustibile fossile e il conseguente inquinamento stanno diventando sempre più costosi. Soprattutto in termini di salute pubblica e di disastri ambientali legati al surriscaldamento globale (non è un caso che a spingere verso una soluzione radicale del problema siano i colossi delle assicurazioni e delle riassicurazioni che stanno impiegando budget sempre più ricchi per studiarlo).

La capacità di generare energia  rinnovabile, secondo i dati dell’Iea (International energy agency) nell’ultimo decennio è raddoppiata arrivando a 1.800 GW (Giga Watt) con un tasso di crescita del 7% annuo. Il picco si è avuto nel 2015, con 130GW di nuova capacità produttiva. “Per quanto riguarda il futuro, la riduzione dei finanziamenti pubblici, potrebbe far diminuire gli utili”, spiega Barnett. “Tuttavia, la crescita dell’utilizzo di risorse alternative è un dato che riteniamo ormai consolidato. Soprattutto in paesi che hanno deciso di affrontare di petto la questione dell’inquinamento. Fra quelli sviluppati ci sono in prima fila gli Stati Uniti. Tra gli emergenti, hanno promesso di impegnarsi la Cina e l’India”.

Occhio agli investimenti
Dal punto di vista operativo il suggerimento dell’analista è quello di orientarsi sui titoli delle aziende che stanno facendo (o programmando) grandi investimenti nei segmenti della distribuzione e della trasmissione. “Si tratta di quelle che, in futuro si ritroveranno con un ampio vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, soprattutto da un punto di vista tecnologico”, dice Barnett. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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