Il fascino pericoloso dei buyback

Il riacquisto di azioni proprie è una componente importante delle strategie di crescita di una società. Ora sta spingendo le quotazioni di Wall Street, ma rischia di far indebitare eccessivamente le aziende e di compromettere gli interessi dei soci di lungo periodo.

Marco Caprotti 30/07/2015 | 11:26
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Non c’è solo la ripresa economica dietro la corsa dell’azionario americano. Una parte del merito, dicono gli operatori, è delle corpose operazioni di riacquisto di azioni proprie che stanno interessando Wall Street. Il record è stato toccato ad aprile di quest’anno, quando sono stati registrati share buyback per un totale di 133 miliardi di dollari. Un fenomeno che ha attirato l’attenzione non solo degli investitori, ma anche della politica. Tanto che alcuni legislatori Usa hanno iniziato a parlare di una vera e propria “manipolazione” dei corsi di Borsa a cui, peraltro, sarebbero da ricondurre la stagnazione degli stipendi e la mancanza di investimenti aziendali. I soldi, dicono i critici, verrebbero utilizzati solo per riportare a casa le azioni delle aziende, diminuendo il flottante e facendo crescere, di conseguenza, il valore dei titoli in mano ai soci rimasti. Un sistema, peraltro, efficiente dal punto di vista fiscale, visto che in questo caso, per gli azionisti, non ci sono tasse da pagare.

“Se una società ha capitale in eccesso e buoni flussi di cassa, gli share buyback hanno senso”, spiega uno studio della società di consulenza e gestione Manning & Napier. “Alcune delle critiche che stanno riguardando queste operazioni sono legate alle valutazioni delle azioni che, in moti casi, sono troppo alte. A volte i manager si servono di questo sistema per segnalare al mercato che, secondo loro, la società è sottovalutata. Tuttavia, bisogna ammettere che questo tipo di operazioni cresce nelle fasi Toro di Borsa e diminuisce di periodi di Orso, con effetti importanti sui prezzi”.

Occhio ai debiti
In una situazione in cui è difficile trovare buone opportunità di business a buon mercato, molte aziende possono decidere che è più conveniente investire nelle proprie azioni, piuttosto che imbarcarsi in nuove attività. Altre volte sono gli azionisti più attivi, a caccia di facile rendimento, a spingere in questa direzione. La questione, però, presenta alcuni punti deboli, Ci sono società che, per riportarsi a casa i propri titoli ricorrono all’indebitamento. Una scelta sensata quando i tassi di interesse sono bassi, ma che potrebbe diventare costosa nel momento in cui il costo del denaro risalirà.

“Il mercato può allontanarsi da un’azienda che ricorre al debito in maniera troppo disinvolta per soddisfare gli appetiti di alcuni soci”, continua lo studio. “Questo modo di agire, infatti, rischia di limitare la capacità di investimento e di condizionare in maniera negativa la qualità del credito. Mettere un po’ di valore in tasca agli azionisti può essere una componente importante nelle strategie di crescita di una società. Ma deve essere fatto in maniera tale da non mettere a rischio il valore futuro dell’azienda e in modo da salvaguardare gli interessi degli azionisti che hanno una visione di lungo periodo”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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