La corsa del governo cinese a sostegno della propria Borsa dopo il forte sell off delle settimane precedenti potrebbe rivelarsi più dannosa del crollo stesso. Se non fosse intervenuto, il forte calo dei prezzi azionari avrebbe probabilmente avuto un impatto limitato sull’ economia “reale”. Le scelte di Pechino mettono in dubbio la sua volontà di cedere il controllo in segmenti più importanti: come quello del credito e quello valutario. Una situazione di stallo sul programma di riforme mina gli sforzi del ribilanciamento verso un modello di crescita maggiormente sostenibile. Infine, scommettendo la sua reputazione sulla capacità di fermare le vendita, il governo rischia di creare una crisi di fiducia, che potrebbe minare l’afficacia delle future mosse politiche tese ad alimentare la crescita.
Punti chiave
-La debolezza dei mercati azionari non ha impatto materiale sulla spesa dei consumatori.
I 4mila miliardi di dollari in ricchezza bruciata nei giorni del sell off non hanno impatto sui bilanci delle famiglie. Lo stato è il più grande detentore di titoli nazionali e le azioni costituiscono solo una piccola fetta della ricchezza dei privati. Infatti, la crescita del 150% del mercato nel corso dell’ ultimo anno non ha avuto un impatto evidente sul totale delle vendite al dettaglio o di beni come le automobili.
-Il mercato azionario in ribasso non ostacola l’accesso ai capitali da parte delle aziende.
Il finanziamento attraverso titoli azionari sta crescendo in importanza, ma le emissioni equity rappresentano solo il 4% dei nuovi finanziamenti dall’inizio dell’anno. I prestiti bancari rimangono la forma di accesso al credito più diffusa. Abbiamo assistito a piccoli segnali che manifestano un allargamento dei problemi dai mercati azionari anche ai mercati del credito.
-L’intervento del mercato azionario mette in dubbio la volontà del Partito Comunista cinese a cedere un ruolo decisivo al mercato.
Fino a che non vedremo una maggiore volontà di sopportare la fatica della liberalizzazione, saranno improbabili significative riforme dei più importanti mercati del credito e valutari.
-Posticipare le riforme incrementa i rischi nel breve periodo e riduce la crescita nel lungo periodo.
Le riforme saranno cruciali se la volontà della Cina è quella di dedicarsi ai crescenti problemi strutturali all’interno dell’economia e alla transizione verso un modello di crescita sostenibile orientato al consumo.
-La difficoltà di Pechino di mantenere la rotta della crescita rischia di formare una crisi di fiducia.
La fiducia nell’abilità del partito di gestire l’economia è parzialmente auto alimentata. Questo, però, rende più facile una perdita di confidence. I dubbi nell’abilità del governo di creare crescita economica avrebbero serie implicazioni nel mondo reale, fra cui una stretta al credito, investimenti ridotti e una maggior volatilità del mercato.
-Tra le società cinesi quotate negli Stati Uniti il valore rimane piuttosto scarso.
La società mineraria del segmento uranio Cameco (fair value stimato 23dollari) rappresenta la nostra scelta di punta nel panorama delle commodity. Fra i beni di consumo, Yum Brands (fair value 100 dollari) e Wynn Resort (fair value 152 dollari) sono i nomi preferiti.
Troppo ottimismo per la maggior parte delle commodity
Con alcune eccezioni, continuiamo a consigliare agli investitori di evitare beni influenzati dalla domanda cinese. Nonostante le aspettative di crescita degli investimenti in infrastrutture siano diminuite, il consenso rimane a nostro parere troppo ottimistico. La domanda cinese di materiali come metalli, cemento e simili potrebbe deludere.
Le azioni del rame sono sopravvalutate
Mentre le azioni minerarie sono crollate in maniera notevole nell’ultimo periodo, molte rimangono sopravvalutate. I titoli del rame, nello specifico, risultano costosi. Sospettiamo che ciò sia dovuto alle prospettive rialziste che gli analisti hanno sulla materia prima, ma è una visione che non condividiamo. Il punto di riferimento dell’industria, Freeport-McMoRan, viene scambiato con un premio del 12% rispetto al nostro fair value. Le azioni di Southern Copper si sono dimostrate più resistenti di fronte al crollo dei prezzi del rame. Questo può parzialmente riflettere una fuga verso i porti sicuri in campo minerario. Il titolo è scambiato a 10,5 volte l’EBITDA del 2015, con una sopravvalutazione del 42%. Glencore, il più esposto al rame tra i player globali, prezza 9,2 volte l’EBITDA (sopravvalutazione del 29%).
L’uranio offre una seconda chance alla Cina. Cameco è la scelta di punta
Tra le compagnie minerarie trascinate nella caduta cinese, la compagnia di estrazione mineraria dell’uranio Cameco è fra le più sottovalutate. Mentre la domanda cinese di materie prime come ferro, carbone e rame, è probabile soffra in mezzo alla debole crescita degli investimenti in infrastrutture da un lato e alla transizione ad un modello di crescita orientato al consumatore dall’altro, le prospettive per la domanda di uranio appaiono brillanti. Ci aspettiamo che il numero dei reattori nucleari cinesi possa quadruplicarsi nel corso dei prossimi 10 anni, anche in virtù della volontà di Pechino di diminuire la dipendenza del paese dal carbone. Ciò andrebbe a sostenere la più forte crescita nella domanda di uranio che il mondo ha visto negli ultimi decenni.
L’arrivo della Cina come maggior acquirente nelle commodity si è tradotta in forti aumenti dei prezzi. Ci aspettiamo dunque un percorso simile anche con l’uranio. Stimiamo un rialzo del 64% dei prezzi di mercato della materia prima entro il 2019, che darà una forte spinta alla crescita per Cameco. Ci aspettiamo inoltre un incremento dell’EBITDA del 150% nello stesso periodo, sostenuto anche da una significativa crescita della produzione.
Cameco è stata oggetto di forti vendite con il resto delle imprese del settore minerario nelle scorse settimane. Questo offre un interessante punto di ingresso a nostro modo di vedere. Mentre in una barcollante economia cinese diminuirà sicuramente la domanda di ferro, rame, e carbone, le prospettive sia di breve che di lungo termine per la domanda di uranio del paese sono intatte.
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