Gli investitori in corporate bond sembrano aver ignorato le notizie sulla crisi geopolitica in Ucraina e sui tentativi della Grecia di rinegoziare il suo debito sovrano. I mercati dei capitali potrebbero diventare molto volatili nel breve termine se Atene dovesse dichiarare il default e se il paese dovesse uscire dall’Unione europea. Ma la situazione oggi è sostanzialmente diversa da quella del 2010. In quel periodo il debito ellenico era in mano all’intero sistema bancario europeo, anche se nessuno sapeva con esattezza in quale misura. Anche gli istituti che non avevano bond ellenici erano preoccupati perché una crisi avrebbe messo in difficoltà le banche con cui facevano affari. Ma, dopo la ristrutturazione delle finanze, l’80% del debito è in mano a organizzazioni come il Fondo monetario internazionale, lo European Financial Stability facility e la Bce. In questa situazione i rischi sono mitigati rispetto a prima.
Invece di preoccuparsi per le situazioni di tensione, quindi, gli investitori si stanno concentrando sulle politiche di allentamento monetario messe in campo da diverse Banche centrali e hanno deciso di investire nuovi capitali. A tranquillizzare gli animi c’è anche la frenata del calo del petrolio che, dopo essere arrivato a 40 dollari al barile, sembra essersi assestato intorno ai 50. Un rimbalzo simile si è visto nei corporate bond del settore energy. Lo spread del segmento del nostro indice che raccoglie la carta investment grade si è ristretto di circa 10 punti base mentre quello per gli high yield è diminuito di 19 basis point. E, mentre, sale la richiesta per asset rischiosi, diminuisce quella per le obbligazioni considerate porti sicuri. Il rendimento per il Tbond decennale è cresciuto di sei punti base, mentre quello per il titolo a 30 anni è salito di 11 pb.
Crescono le M&A
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un gran numero di operazioni di fusione e acquisizione, accompagnate da una diminuzione dei leverage buyout (operazioni finanziate principalmente tramite il debito). Da segnalare l’operazione di Expedia (rating BBB in revisione) sulla concorrente Orbitz. La mossa ci ha sorpreso un po’ visto che, a dicembre, il management di Expedia aveva fatto capire di non essere troppo interessato all’acquisizione, anche a causa di problemi che potevano sorgere con l’autorità antitrust. Considerazioni che, peraltro, ci avevano trovato d’accordo. Per questo continuiamo a mettere in dubbio l’efficacia di questa scelta e i suoi risultati nel lungo periodo. Il matrimonio con Orbitz aumenta l’esposizione di Expedia al mercato americano dei viaggi aerei. Un settore che cresce piano e con bassi margini di guadagno rispetto a quello di altre parti del mondo. Per portare a casa l’operazione il gruppo ha sborsato 1,6 miliardi di dollari. Soldi che, secondo noi, sarebbero stati meglio spesi per crescere in segmenti di mercato più interessanti come, ad esempio, quello degli hotel.
Aumentano i downgrade
Negli ultimi giorni i tagli di rating hanno superato i miglioramenti. Abbiamo abbassato di due gradini quello di AT&T (ora BBB), dopo che la società ha acceso una linea di credito da 11,2 miliardi di dollari per finanziare nuove acquisizioni. Potrebbe essere una mossa azzardata, considerato che, negli ultimi cinque anni, il gruppo ha già portato a casa M&A per 38 miliardi.
Abbiamo abbassato di due gradini anche il rating su Netflix (ora BB-), dopo la decisione della società di emettere nuovo debito per un totale di 1,5 miliardi di dollari. Il problema, in questo caso, è che il gruppo ha scarsi flussi di cassa a causa degli ingenti investimenti che sta facendo per crescere a livello internazionale e per aumentare i contenuti. Due fattori che prevedono forti spese immediate a fronte di ritorni solo nel lungo periodo.
Un downgrade ha interessato anche BioMarin (ora BBB-) dopo l’acquisizione di Prosensa. In revisione, invece, quello di Bombardier dopo i deludenti risultati del quarto trimestre. Ci attendiamo la discesa di almeno un gradino (da BB-).
Il rating è stato migliorato per Hospira (da BBB ad AA-) dopo la notizia dell’acquisizione da parte di Pfizer (AA-). La stessa operazione, tuttavia, potrebbe pesare sulle valutazioni del colosso farmaceutico. Alla luce delle deboli prospettive di crescita, infatti, potrebbe decidere di fare nuovi investimenti. Il tentativo di acquistare AstraZeneca nel 2014, benché fallito, dimostra che Pfizer è pronta a portare avanti grandi acquisizioni che potrebbero cambiare in maniera significativa la sua salute finanziaria.
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