Difficile puntare sull'Italia

Gli investitori stanno alla larga dall'equity tricolore. I dati macro sono contrastanti: l'economia è debole, mentre l'industria manda segnali di ripresa. Il futuro resta appeso alle politiche che saranno adottate a livello locale ed europeo. 

Marco Caprotti 29/10/2014 | 11:34
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Mentre la congiuntura italiana manda segnali contrastanti, gli operatori di Borsa preferiscono trattare l’equity tricolore con le pinze. L’indice Msci relativo al Belpaese nell’ultimo mese (fino al 27 ottobre e calcolato in euro) ha perso l’8,6%, portando a +3,7 la performance da inizio anno.

Il pessimismo, in parte, è giustificato. Dopo una sostanziale stabilizzazione nella seconda parte del 2013, infatti, l'economia italiana è tornata a indebolirsi. Nella prima metà di quest’anno il Pil ha risentito del protrarsi della caduta degli investimenti e, in misura minore, dell’effetto dell’andamento sfavorevole delle esportazioni. Migliorano invece i consumi delle famiglie, che hanno registrato un modesto rialzo. La ripresa è ritardata dall’elevata incertezza. La maggioranza delle imprese intervistate nell’indagine autunnale condotta dalla Banca d’Italia disegna per la spesa per investimenti prospettive ancora incerte. Rimane debole il settore delle costruzioni, nonostante un’attenuazione della flessione del prezzo delle abitazioni.

Qualche segnale positivo non manca. Gli ordini dell’industria sono aumentati ad agosto dell’1,5% congiunturale e diminuiti del 3,2% tendenziale. Il fatturato è cresciuto dello 0,4% congiunturale e diminuito del 2,3% su anno. Gli ordinativi, sempre ad agosto, sono aumentati sia sul mercato estero (+2,5%) sia su quello interno (+0,7%) mentre il fatturato ha registrato un incremento oltreconfine (+3%) e una flessione sul fronte domestico (-1%). In otto mesi gli ordini hanno segnato +1,3% e il fatturato -0,4%. A ottobre, l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane è salito a 89,3 da 86,9 di settembre. L’indicatore è migliorato in tutti i settori: manifatturiero, dei servizi di mercato, delle costruzioni e del commercio al dettaglio.

Nella prima metà dell’anno, intanto i consumi delle famiglie, in forte caduta dall’avvio della crisi del debito sovrano, sono tornati a crescere, sia pure in misura contenuta. Segnali di stabilizzazione si osservano nel mercato del lavoro: l'occupazione ha ripreso a crescere in primavera, ancorché debolmente, per poi ristagnare in estate. Il tasso di disoccupazione, invece, si è un po’ ridotto.

Cosa riserva il futuro?
La spinta delle esportazioni, che aveva sostenuto la dinamica del prodotto negli ultimi anni nell'area dell’euro e in Italia, potrebbe continuare ad affievolirsi”, dice l’ultimo Bollettino di Bankitalia. “Le prospettive dell'attività economica e della stabilità dei prezzi dipendono, più che in passato, dal recupero della domanda interna e dal riavvio degli investimenti, privati e pubblici”.

Molto sembra legato al contributo che daranno le decisioni in materia di economia che saranno prese sia dalle istituzioni che degli stati. La Bce, ad esempio, ha indicato che la politica monetaria rimarrà espansiva per un periodo prolungato di tempo e che utilizzerà tutti gli strumenti disponibili per scongiurare il rischio che la bassa inflazione si radichi nelle aspettative e nell'andamento dei redditi da lavoro. “La politica fiscale può giocare un ruolo forte nel determinare, in tutta l’area dell’euro, condizioni macroeconomiche più favorevoli, attraverso lo sfruttamento dei margini di manovra delle politiche nazionali e azioni incisive a livello comunitario. Il rilancio di consumi e investimenti richiede anche il recupero della fiducia, cui deve contribuire un’azione di riforma ad ampio spettro, con tempi ed esiti certi”, concludono da Via Nazionale.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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