Needham: volatilità passata cattiva consigliera

Per il responsabile globale degli investimenti di MIM, le valutazioni sono una delle migliori misure per guardare al rischio in modo prospettico. Se ne parlerà alla MIC.

Valerio Baselli 29/10/2014 | 10:01
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Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola, scriveva Voltaire. Un concetto che si dovrebbe ricordare più spesso, soprattutto in finanza. Se infatti la storia ha vissuto l’esplodere di periodiche bolle finanziarie è perché gli investiori, purtroppo, non imparano dall’esperienza passata e quando cercano di misurare il rischio lo fanno spesso usando i parametri sbagliati.

Ma come si dovrebbero calcolare i rischi legati all’attività d’investimento? Daniel Needham, responsabile globale investimenti di Morningstar Investment Management Europe, sembra avere le idee piuttosto chiare: di certo non usando la volatilità. Durante il suo intervento in occasione della Morningstar Investment Conference (evento che si terrà l’11 novembre a Milano), dal titolo Risk Measurement and Portfolio Construction, Needham dimostrerà infatti come l’evidenza empirica ci dica che basarsi sulla volatilità passata per prendere le proprie decisioni d’investimento non sia affatto una buona idea. “Analizzare la volatilità è sicuramente utile, ma essa non può venir presa come unico e univoco parametro per misurare il rischio”, afferma Needham in una nota. “Non dovrebbe essere un semplice esercizio quantitativo, il giudizio deve essere più complesso”.

Opportunità fa rima con volatilità
Il fatto è che la deviazione standard non è di certo un indicatore adatto per le perdite future; le perdite, al contrario, sono molto probabili quando non c’è più spazio di crescita, quando cioè la volatilità è molto bassa. Di fatto, Needham, sostiene che momenti di forte volatilità hanno molto spesso preceduto dei rally di mercato, il che significa che potrebbero essere visti anche come un segnale per le opportunità di acquisto. Basta pensare al 2001, uno dei migliori anni recenti per gli investitori azionari, subito dopo l’esplosione della bolla tecnologica, la quale fece impennare appunto la volatilità. Stesso discorso si potrebbe fare per la crisi finanziaria del 2007-2008: altissima deviazione standard in quegli anni, seguita da un rally partito nel 2009 che sembra aver terminato la sua corsa solo ora.

Al contrario, nei periodi di bassa volatilità si celano i maggiori rischi-bolla, proprio perché gli investitori continuano a comprare credendo di rischiare molto poco. L’indice Vix, che misura appunto la volatilità del mercato azionario statunitense, ha perso il 44% negli ultimi cinque anni: questo significa che i rischi si sono dimezzati? Probabilmente no.

Occhio alle valutazioni...e alla troppa sicurezza
Ma quindi qual è il modo giusto di misurare il rischio? “La valutazione è una delle misure più importanti per guardare al rischio in maniera prospettica, eppure è una delle meno popolari”, dice Needham. La ricerca di Morningstar dimostra infatti che l’acquisto delle società coi più bassi rapporti prezzo/utile è stata la migliore strategia azionaria dal 1990 al 2013.

“Perciò gli indicatori di rischio basati sulla volatilità passata sono molto spesso dannosi”, conclude Needham. “Danno una falsa certezza agli investitori, perché invece di aiutarli a prendere decisioni migliori, li aiutano a prenderle più tranquillamente, in maniera più leggera, il che è molto pericoloso. Investire non è come giocare alla roulette, è come il poker: tutti i partecipanti influenzano il risultato, ma nessuno può sapere con quali carte giocherà”.

Consulta nel dettaglio il sito dedicato all’evento. Clicca su Agenda per conoscere il programma della giornata e gli ospiti.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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