La crisi greca si sta trasformando in un’opportunità per chi investe nei paesi emergenti? La domanda nasce dalla decisione presa dal comitato che compila gli indici Msci di escludere, dalla fine di quest’anno, la penisola ellenica dal paniere dedicato ai paesi sviluppati e inserirlo in quello degli emerging. Una scelta che non ha precedenti nella storia di questi benchmark e che, per certi versi, è curiosa.
La Grecia fa parte degli indici developed dal 1987. I criteri stabiliti per farne parte prevedono che il reddito lordo per abitante di un determinato stato sia per tre anni consecutivi del 25% più alto rispetto al limite minimo che la Banca mondiale utilizza per definire un paese “ricco”. La soglia nel 2011 (ultimi dati disponibili) era di 12.475 dollari. Quindi la Grecia avrebbe dovuto avere un reddito minimo per abitante di 15.600 dollari. Un livello che il paese, nonostante gli anni di recessione, riesce comunque a superare (così come, peraltro, molte regioni definite emergenti).
La Grecia emergente
Ma ci sono altri dettagli di cui tenere conto. Fra i criteri che Msci cita come necessari per far parte della categoria developed ci sono anche la liquidità, la dimensione del mercato, l’apertura agli investitori stranieri e la presenza di meccanismi che facilitino il trading. Alcuni di questi elementi sono venuti a mancare con il collasso della Borsa ellenica avvenuto nel 2007 che ha costretto molti grandi imprese locali a quotarsi altrove lasciando la piazza di Atene sguarnita di blue chip sulle quali gli operatori stranieri possono prendere posizione.
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