L'Europa rischia un frontale

A tre anni dal salvataggio della Grecia gli operatori si chiedono ancora se l'unione monetaria resisterà. In Borsa è meglio muoversio con prudenza. 

Marco Caprotti 30/05/2013 | 11:52
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“Tragedia greca”. “Atene mette in pericolo l’Euro”. “Europa a rischio disgregazione”. Era questo il tenore dei titoli che circolavano sui giornali fino a maggio di tre anni fa, quando sono partiti gli aiuti per salvare dalla bancarotta la penisola ellenica ed evitare il baratro al resto del Vecchio continente. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata, anche se, citando l’ex ministro delle finanze tedesco Peer Steinbruck, candidato per i socialdemocratici alla Cancelleria nelle prossime elezioni in Germania, “è ancora presto per escludere che la luce in fondo al tunnel sia quella di un treno”.

Fitch ha rivisto al rialzo il rating di Atene portandolo da CCC (ad alto rischio) a B- (altamente speculativo). Una promozione pagata a caro prezzo con la disoccupazione giovanile che sfiora il 60%, con le tasse non pagate e con le famiglie che, in molti casi, non hanno i soldi per pagare la spesa. Tutto questo è servito per fare, secondo le parole di Fitch “chiari progressi nell’eliminare il doppio deficit, fiscale e corrente”. Un risultato ottenuto sulla pelle dei ceti medio e basso che si sono visti decurtare di un quarto pensioni, stipendi, indennità. Da gennaio a marzo c’è stato un primo avanzo primario, grazie alla ricapitalizzazione delle banche, a due privatizzazioni e a due tranche di prestiti da 7,5 miliardi complessivi che saranno versati entro giugno. Inoltre il Paese vede ribassato il tasso di interesse che deve pagare per ottenere dagli investitori i soldi necessari.

Ripresa o crisi?
Pure nel resto d’Europa la situazione è cambiata. Gli ultimi dati dicono che il Pmi (indicatore elaborato sulle indicazione dei responsabili degli acquisti delle aziende) composite area euro è salito a 47,7 dal 46,9 di aprile, con un recupero più consistente della componente manifatturiera rispetto a quella dei servizi, in salita di mezzo punto a 47,5. A livello di singoli paesi, il Pmi tedesco è salito sia nella componente manifatturiera (49 da 48,4) che servizi (49,8 da 49,6), mentre quello francese è aumentato solo nel manifatturiero (45,5 da 44,4), con l’indicatore dei servizi stabile a 44,3. “Il Pmi rimane sotto quota 50, indicando quindi ancora un clima recessivo in Europa nel secondo trimestre, probabilmente in linea con l’andamento fatto registrare nel primo trimestre”, spiega una nota di Banca Intermobiliare. “Gli ultimi dati, tuttavia, potrebbero far propendere le stime per un leggero miglioramento nel secondo trimestre”. Positivo anche l’indice Ifo tedesco di maggio, in progresso di oltre un punto a quota 105,7 contro attese di stabilità a 104,4. Il livello dell’indice Ifo rimane elevato sia rispetto alla media storica (101,9) sia rispetto alle condizioni attuali dell’economia, visto che un livello di 105,7 è in linea con una crescita del 2% annuale, distante dalla realtà di questi mesi”, continua la nota. “Negli ultimi trimestri l’Ifo non è stato un indicatore affidabile per quanto riguarda l’economia tedesca, il cui andamento è meglio reso dall’indice Pmi”. Recupera leggermente l’indice di fiducia dei consumatori europeo, passando da -22,3 a -21,9 a maggio. La fiducia rimane comunque ancora debole (media storica -13) a livello assoluto, soprattutto nei paesi periferici.

Secondo l’ultimo outlook dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (Ocse), intanto, la recessione che caratterizzerà quest’anno l’Eurozona sarà molto più profonda di quanto previsto e, di riflesso, la situazione nel mercato del lavoro sarà ancora più critica. La crescita del Pil, che lo scorso anno è stata negativa per lo 0,5% (rivisto da -0,4%), quest’anno dovrebbe scendere dello 0,6% (contro -0,1% indicato in precedenza). Il peggioramento si rifletterà anche nel trend atteso per il 2014, quando il Pil è previsto crescere solo dell’1,1% e non più dell’1,3% come stimato in novembre. Il tasso di disoccupazione, attestatosi sull’11,2% nel 2012 (dato rivisto dall'iniziale 11,1%), dovrebbe salire quest’anno al 12,1% (11,9% nelle stime di novembre) e poi al 12,3% (corretto da 12%) nel 2014.

Le scelte operative
“I quattro grandi paesi dell’Eurozona – Germania, Francia, Italia e Spagna – faranno di tutto per mantenere l’unione monetaria e arrivare a una maggiore coesione bancaria e fiscale”, spiega uno studio firmato da Andrew Balls, managing director e responsabile del portafoglio europeo di Pimco. “Non è ancora chiaro, però, se anche gli stati più piccoli verranno invitati a farne parte. Ci sono ancora forti rischi che alcuni di questi paesi possano uscire dal perimetro della moneta unica o che ci rimangano come membri di serie B”. Ci sono poi altri argomenti che vanno affrontati. “Bisogna passare dalle politiche di austerità a quelle di crescita. Altrimenti gli stati con una situazione debitoria migliore si indeboliranno mentre gli altri avranno sempre maggiori difficoltà a trovare la stabilità”.

In una situazione del genere in Borsa è meglio procedere con cautela. “E’ vitale portare avanti una strategia di stock picking concentrata sulle aziende di alta qualità e ben gestite”, dice un report firmato da Nick Davis, gestore azionario di Threadneedle. Attenzione però, a non farsi abbagliare dai bilanci troppo forti. “La salute dei libri contabili spesso viene citata come motivo per essere ottimisti sull’azionario europeo”, spiega il gestore. “Certo, i conti in ordine sono importanti. A volte, però, sono il risultato di un atteggiamento troppo prudente del management che ha deciso di non investire. E questo, a catena, blocca la ripresa economica”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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