L'Est Europa non soffre la sindrome da abbandono

La Banca mondiale e l'Fmi stanno aiutando alcuni paesi della regione ad evitare i rischi legati alla crisi dei vicini più sviluppati.

Marco Caprotti 04/07/2012 | 14:57
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Le istituzioni internazionali stanno creando una cortina di protezione intorno all’Europa dell’est. Una mossa necessaria per difendere una delle regioni del mondo a più alta crescita potenziale dagli influssi della crisi che sta attraversando la parte più sviluppata del Vecchio continente. Lo scudo per il momento sta funzionando, visto che l’indice Msci dell’Europa emergente nell’ultimo mese (fino al 3 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 13,6%, portando a +9,9% la performance da inizio anno.

Tutti in fila davanti a Fmi e World Bank
L’ultima a scendere in campo a difesa della regione è la Banca mondiale che, l’11 giugno, ha approvato un prestito triennale definito “precauzionale” da un miliardo di euro per la Romania. L’istituto ha anche avviato i colloqui con la Croazia per sostenere le sue emissioni governative. Darà anche supporto all’Ungheria una volta che Budapest avrà raggiunto un accordo per ottenere un fondo di salvataggio dal Fondo monetario internazionale (Fmi) e dall’Unione europea.

Il paese magiaro peraltro, è solo uno dei tanti stati della regione ad aver chiesto l’intervento dell’Fmi che, negli ultimi tre anni, ha aperto i cordoni della borsa anche per Romania, Ucraina, Serbia e Lettonia. Prima di dare i soldi, tuttavia, il Fondo pretende una serie di adempimenti come tagli alle spese e diminuzione dei salari pubblici. Un percorso non facile, come proprio il caso dell’Ungheria dimostra. Budapest ha chiesto l’intervento dell’Fmi a novembre dell’anno scorso, ma da allora non è stata in grado di approvare le misure per ottenere la linea di credito. Finché è in lista di attesa con il Fondo, tra l’altro, non può ottenere nessun aiuto dalla World Bank.

Evitare un’altra gelata dei crediti
L’intervento degli organismi internazionali in chiave preventiva è una condizione essenziale se si vogliono preservare le potenzialità di crescita di un’area in cui, caso unico al mondo, la fetta più grande del segmento finanziario locale è in mano a banche straniere. La maggior parte di quest’ultime, tra l’altro, sono dell’Europa dell’ovest. Un loro eventuale collasso avrebbe effetti devastanti sulla regione emergente.

Il problema, peraltro, non è nuovo. Nel 2008 (in piena crisi dei subprime) la zona in via di sviluppo è stata quella più duramente colpita dopo che il tracollo della merchant bank americana Lehman Brothers ha congelato il mercato del credito a livello globale.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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