Le banche centrali non illuminano il tunnel

L'Europa potrebbe tagliare i tassi de la situazione peggiorasse. Pechino abbassa il costo del denaro a sopresa. Ma non basta a rassicurare i mercati.

Marco Caprotti 12/06/2012 | 16:21
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I mercati mondiali non riescono a trovare il bandolo della matassa per sbrogliare la difficile situazione dell’economia e della finanza. L’indice Msci World nell’ultimo mese (fino all’11 giugno e calcolato in euro) ha perso l’1,13%, anche se la performance da inizio anno resta positiva per 5,2%.

Europa osservata speciale
L’osservata speciale resta l’Europa. L’ultimo allarme sulla situazione della regione lo ha lanciato il presidente del Fondo monetario internazionale secondo cui sono necessari interventi per salvare l’euro al massimo nel giro dei prossimi tre mesi. Nell’immediato, l’elemento di maggiore preoccupazione è legato alla situazione delle banche spagnole che hanno ottenuto dall’Europa un prestito da 100 miliardi di euro per rifinanziarsi. Secondo gli operatori, tuttavia, questi soldi non sono sufficienti ad evitare il rischio che il contagio si estenda ad altri paesi deboli dell’Europa. Nel frattempo gli operatori hanno seguito con attenzione l’intervento con cui il presidente della Banca centrale europea ha spiegato la decisione di mantenere all’1% il tasso di interesse.

Pur non prendendo una posizione netta su quanto avverrà in futuro, il banchiere italiano con casa a Francoforte non ha escluso di mettere mano alle forbici se la situazione dovesse peggiorare o di lasciare il costo del denaro com’è se ci fossero segnali di miglioramento. Guardando ai prossimi mesi la Bce ha comunque confermato le previsioni fatte a marzo: un moderato ritorno alla crescita e un calo dell’inflazione per il resto del 2012 e nel 2013.

La sorpresa cinese
Sul fronte della politica monetaria, a lasciare di stucco gli investitori è stata la Cina che ha annunciato il taglio dei tassi di interesse di un quarto di punto. La Banca popolare ha deciso di tirare fuori la lima dopo alcune notizie che hanno fatto intimorire gli operatori che puntavano (e ancora scommettono), sulla forza propulsiva della prima economia emergente del mondo. I dati sul Pil (Prodotto interno lordo) del primo trimestre hanno mostrato una crescita dell’8,1%.

A conferma che la Cina sta rallentando dai progressi a doppia cifra a cui aveva abituato i mercati, sono arrivati i numeri dell’indice dei direttori di acquisto che, a maggio, hanno segnato il settimo mese consecutivo di calo. “Gli investitori avevano perso la speranza di vedere quel taglio dei tassi in Cina di cui si parlava da mesi”, spiega Lee Davidson, analista di Morningstar. “A fare la differenza, insieme ai numeri che fanno vedere la frenata della congiuntura, è stato il raffreddamento dell’inflazione che ha dato un maggior spazio di manovra all’istituto centrale”.

Usa fra luci e ombre
Qualche segnale incoraggiante (scarso per la verità) arriva dagli Stati Uniti. I dati sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione (a livello settimanale) mostrano un calo che tiene il numero dei richiedenti al di sotto del tetto dei 400mila. Gli economisti spiegano numeri inferiori a questo di solito indicano un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. La diminuzione degli stipendi vista nei settori non agricoli, tuttavia, ridimensiona le buone notizie e indica che alla locomotiva americana non è ancora arrivata la spinta decisiva.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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