Italia, un downgrade tira l'altro

Il mercato si aspetta altri tagli di rating sul debito tricolore. Le prospettive macro peggiorano. E gli analisti invitano alla cautela.

Marco Caprotti 22/09/2011 | 13:45
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Puntuale – e atteso – come un temporale di settembre è arrivato il taglio al debito governativo dell’Italia. L’agenzia di rating S&P, infatti, il 20 settembre ha abbassato il giudizio sui bond tricolori portandolo da A+ ad A, con outlook negativo. E ora gli operatori si chiedono quali saranno le prospettive del Belpaese e come comportarsi dal punto di vista operativo.

Alla base della decisione della società di analisi ci sono principalmente l’aspettativa di una crescita debole, l’aumento del costo del debito e la fragilità della coalizione di Governo. In questo contesto l’agenzia ritiene più complesso per il nostro paese rispettare gli impegni assunti in termini di riduzione del debito. Nel comunicato che ha accompagnato la decisione, S&P sottolinea come siano state riviste le previsioni sul deficit pubblico italiano, il cui picco è previsto ora più in là nel tempo e ad un livello più elevato rispetto alle precedenti aspettative. L’agenzia di rating sostiene che “le prospettive di crescita economica dell’Italia si stanno indebolendo. E ci aspettiamo che la fragile coalizione di governo e le differenze politiche all’interno del Parlamento continuino a limitare la capacità dell’esecutivo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne”. S&P ha aggiunto che gli obiettivi fissati dalla manovra sono “difficili da raggiungere” e che “il tentativo di risposta politica del governo italiano alle recenti pressioni dei mercati suggerisce il prosieguo di un’incertezza politica sui mezzi con cui affrontare le sfide economiche dell’Italia”. Le autorità italiane, infatti, “rimangono riluttanti” a trattare le questioni più importanti e decisive, “come gli ostacoli strutturali alla crescita, il basso tasso di partecipazione al lavoro e mercati dei servizi e del lavoro troppo strettamente regolati”.

La debolezza dell’Italia
C’è da dire che la percezione sulla debolezza dell’Italia fra gli operatori mondiali è diffusa. Il Fondo monetario internazionale (Fmi), lo stesso giorno in cui è arrivato il taglio di S&P ha diffuso le nuove stime (tagliate) sulla crescita della penisola. Secondo le ultime previsioni il Pil nazionale crescerà dello 0,6% nel 2011 e dello 0,3% nel 2012, contro l’1% e l’1,3% pronosticati a giugno. Per l’Fmi il deficit di bilancio arriverà al 4% del Pil quest’anno e al 2,4% il prossimo, prima di ridursi all’1,1% nel 2013. Sempre in base ai calcoli dell’Fmi gli interessi al servizio del debito pubblico (il più grande di Eurolandia dopo quello greco) saranno del 121,1% nel 2011 e del 121,4% nel 2012, prima di arrivare al 118,4% fra due anni. “Se l’Italia sarà capace di implementare le misure di austerità e di ottenere denaro in prestito a bassi tassi di interesse, allora il debito sarà sostenibile”, ha spiegato il capo economista dell’Fmi Olivier Blanchard. “Se, però, per qualche ragione il mercato iniziasse a pensare che la situazione è insostenibile e cominciasse a chiedere interessi dell’otto, nove o 10%, allora la situazione cambierebbe”. Per mettere una pezza a una situazione che si deteriora di giorno in giorno, il Governo italiano ha lavorato tutta l’estate (non senza qualche momento di confusione e di imbarazzo) a una manovra che arrivasse al pareggio di bilancio entro il 2013 e che ha ottenuto il plauso dell’Ue.

Il mercato preferisce la prudenza
L’atteggiamento degli operatori, tuttavia, è cauto. “Confermiamo il giudizio positivo sui saldi delle manovre realizzate nei mesi estivi (3,5% del Pil è l’effetto potenziale stimato sul saldo primario nel 2014), ma riscontriamo una decisa carenza nelle misure a sostegno della crescita e della competitività del nostro paese”, dice Paolo Balice, presidente dell’Associazione italiana degli analisti finanziari (Aiaf). “Sebbene tracce di tali riforme siano presenti nelle manovre approvate, la loro portata appare limitata e di impatto contenuto sul potenziale dell’economia italiana”. Per l’Aiaf restano infatti ostacoli apparentemente invalicabili alla realizzazione di riforme significative, anche a costo zero, finalizzate ad una più ampia liberalizzazione nei servizi e ad una maggiore efficienza nella pubblica amministrazione. “Tali riforme, sebbene non in tempi brevi, avrebbero l’indubbio vantaggio di incrementare la crescita potenziale del nostro paese, contenendo le necessità di continue correzioni dei conti pubblici”, continua Balice. “Non è infatti sostenibile avere una crescita economica strutturalmente al di sotto dei paesi più virtuosi a fronte di un costo del debito significativamente più alto. Segnaliamo in tal senso il rischio, anche a livello europeo, che un’eccessiva focalizzazione sul consolidamento dei conti pubblici, attraverso l’adozione di misure potenzialmente restrittive, finisca per ostacolare il raggiungimento degli obiettivi di deficit a causa della conseguente minor crescita economica. Permane inoltre la necessità di rivedere e rafforzare la governance economica in Europa, in misura maggiore di quanto non si stia già facendo e fino all’eventuale modifica dei trattati esistenti, con l’obiettivo di rafforzare le istituzioni economico-finanziarie e di conseguire un maggiore accentramento delle sovranità fiscali. Fino ad allora, il ruolo della Banca centrale europea resta cruciale per evitare l’avvitamento della crisi, qualora il costo del debito dovesse raggiungere un livello insostenibile per le finanze italiane”.

L’atteggiamento prudente è condiviso da Azad Zangana, economista per l’Europa di Schroders. “vale la pena notare che S&P ha mantenuto l’outlook negativo sull’Italia, segnalando in questo modo che ulteriori downgrade sono possibili”, spiega in una nota. “E alla luce delle nostre previsioni negative sul paese, pensiamo che altri tagli siano probabili. Per quanto riguardo l’impatto del downgrade sull’economia reale e sulla crisi non crediamo che questa mossa o quelle future cambino il movimento della tempesta. Tuttavia riflettono la preoccupazione dei mercati per una soluzione disordinata”. Anche in questo caso gli occhi sono puntati sull’istituto centrale. “Secondo noi la Bce continuerà ad acquistare bond italiani a prescindere dal rating”, continua Zangana. “Ma gli investitori ora stanno aspettando i prossimi meeting dell’Eurogruppo e dell’Ecofin (in agenda per il 3 e 4 ottobre) in cui i leader europei dovranno trovare un accordo sull’estensione degli aiuti alla Grecia già approvati il 21 luglio. Il rischio è che Atene finisca i soldi il mese prossimo e che, a quel punto, si apra il vaso di Pandora”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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