La direttiva contesa

La nuova normativa sugli investimenti alternativi fa litigare l’Europa. Il principale nodo di discussione è il trattamento degli hedge fund extra-Ue.

Sara Silano 21/06/2010 | 17:51
Facebook Twitter LinkedIn

E’ già stata battezzata la “direttiva contesa” e il parto si preannuncia faticoso. Si tratta della nuova regolamentazione comunitaria sugli investimenti alternativi, per la quale il Consiglio, il Parlamento e la Commissione europea sperano di raggiungere un accordo entro l’estate. Come spiega Peter Grimmett, responsabile regolamentazione sui fondi di M&G Investments, “è una direttiva fortemente voluta dai politici per rispondere alla percezione che gli hedge fund e il private equity siano stati i responsabili della crisi finanziaria”.

La prima versione è stata elaborata nell’aprile 2009, con l’obiettivo di regolare tutti i fondi non Ucits (ossia non armonizzati), in modo da sottoporli a requisiti di registrazione e autorizzazione, fornire un quadro per monitorarne i rischi e gestirli, nell’ottica di una miglior tutela degli investitori.

Europa divisa
Il principale motivo di disaccordo è rappresentato dal trattamento da riservare ai fondi basati nei Paesi terzi. Se passerà la linea restrittiva, questi saranno autorizzati per essere venduti all’interno dell’Unione solo se si conformeranno agli standard regolamentari dell’Ue. La proposta più “morbida”, invece, ritiene che sia sufficiente che il fondo dia adeguate informazioni agli investitori e alle autorità competenti e che ci sia cooperazione tra gli organi di vigilanza dello Stato membro e di quello extra-Ue.

Londra, cuore della finanza alternativa (è la sede dell’80% di essi, secondo The Times), è tra i più forti oppositori della linea “dura”, ma anche gli Stati Uniti fanno pressione perché non siano adottate misure “protezionistiche”. Tra i maggiori sostenitori della nuova normativa ci sono, invece, Francia e Germania. “Molti considerano la direttiva come un attacco contro Londra”, dice Grimmett. “M&G (e anche l’Ima, l’associazione delle società di investimento, ndr) vede delle opportunità (come ad esempio l’armonizzazione del regime di collocamento), ma anche dei rischi (praticamente tutto il resto). Per questo motivo ha redatto un documento indicando cosa approva, con cosa è disposta a convivere e cosa deve essere cambiato, lavorando a stretto contatto con le autorità inglesi e l’Efama (l’associazione europea dell’industria del risparmio gestito, ndr)”.

Cosa accadrà in futuro? “Questo non è chiaro”, conclude Grimmett. “Potrebbero esserci ancora alcuni cambiamenti, ma sul discorso del passaporto ai Paesi-terzi, l’industria potrebbe non ottenere ciò che desidera”. Come dire, ci sarà battaglia tra Parlamento e Consiglio europeo.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures