Ucits IV lontana per le sgr italiane

Senza la riforma della tassazione, impossibili le fusioni transfrontaliere. Intanto si fanno i conti con i maggiori costi delle nuove regole.

Sara Silano 27/05/2010 | 15:39
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La nuova direttiva comunitaria sui fondi, nota come Ucits IV, dovrà essere recepita dai Paesi dell’Unione entro il 1° luglio 2011, ma già si comincia a fare i conti con i maggiori costi, che le società e indirettamente anche i sottoscrittori dovranno sostenere.

L’ultimo ritocco al Livello due della normativa, ossia quello delle misure di attuazione, è arrivato in questi giorni e riguarda le notifiche agli investitori della fusione tra i fondi a livello transfrontaliero. La Commissione europea, infatti, per garantire maggiore tutela ai sottoscrittori, ha deciso che la comunicazione dovrà essere su “carta o supporto durevole” e non potrà avvenire, ad esempio, attraverso la più economica posta elettronica o il web. Si stima un incremento degli oneri tra il 25 e il 50%, secondo quanto riportato da Ignites Europe.

Ricordiamo che la Ucits IV, che è stata approvata il 13 gennaio 2009, mira a creare una maggiore integrazione ed efficienza sul mercato europeo del risparmio gestito, introducendo il passaporto del gestore, che permetterà ai fondi comuni autorizzati in uno Stato membro di essere gestiti da una sgr insediata in un altro Stato membro e da questo autorizzata, purché siano soddisfatti determinati requisiti. Inoltre, armonizza le procedure di fusione tra comparti e introduce una nuova disciplina in materia di strutture master-feeder, in base alle quali un Oicvm feeder (Organismo di investimento collettivo in valori mobiliari) può investire parte o tutto il proprio patrimonio in un Oicvm master. Queste misure permetteranno di eliminare le duplicazioni di prodotti, che molte società erano state costrette ad introdurre per poter vendere oltre frontiera. 

La direttiva introduce anche il Key investor informations, un documento che conterrà le informazioni essenziali che un investitore deve conoscere prima di sottoscrivere un fondo. Esso dovrebbe sostituire il prospetto semplificato e il passaggio rappresenterà un altro nuovo costo per le società di gestione. E sarà più salato il conto della compliance, lamentano gli operatori, perché dovranno essere implementate nuove misure per il controllo del rischio, che richiederanno investimenti in tecnologie e strumenti di supporto.

I gestori italiani hanno, però, un fardello ben più pesante da portare, che rischia di isolarli sempre più nei confini nazionali. E’ il regime fiscale. Infatti, la tassazione dei fondi domiciliati in Italia è sul maturato, ossia in capo al fondo, e non sul realizzato (cioè al momento del disinvestimento) come nel resto d’Europa. Questo genera un risparmio d’imposta in fasi di mercato negative, che è iscritto nell’attivo dei prospetti contabili, ma è una sorta di posta virtuale non facilmente trattabile. Infatti, non è un credito d’imposta vero e proprio da vantare nei confronti dell’erario. Di conseguenza, allo stato attuale, le fusioni di un fondo italiano in uno estero rimangono praticamente impossibili. Cambierà qualcosa prima del luglio 2011? Ormai sono in pochi a crederci, anche alla luce dell’ultima manovra finanziaria. Intanto, però, si fanno i conti con i costi delle nuove regole.

 

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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