Pharma, la riforma Usa va per le lunghe

Gli investitori, intanto, prendono posizione e puntano sulle M&A.

Marco Caprotti 10/03/2010 | 14:49
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In attesa che la riforma sanitaria americana arrivi finalmente in porto, gli investitori continuano a prendere posizione nel settore farmaceutico. L’indice Msci del comparto nell’ultimo mese (fino al 10 marzo e calcolato in euro) ha guadagnato il 4,2% circa che si va ad aggiungere al +12,7% segnato nel corso del 2009. “Il viaggio della riforma Usa, per il momento, è in una fase di stallo”, spiega una nota di John Gabriel, analista di Morningstar. “Ma gli operatori sono convinti che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama prima o poi deciderà di forzare la situazione per mantenere una delle più importanti promesse fatte durante la campagna elettorale.

L’ultimo Health Care Summit fra repubblicani e democratici, chiesto dalla Casa bianca, si è risolto con un nulla di fatto. “Anzi, un accordo bipartisan sembra meno probabile rispetto al passato”, continua Gabriel. “I repubblicani hanno chiesto a Obama di stracciare la riforma e ricominciare daccapo, citando i forti costi e il trattamento differente riservato ad alcuni Stati”. Secondo l’amministrazione Usa il piano dovrebbe costare 950 miliardi di dollari in dieci anni e dare la copertura sanitaria ai 31 milioni di americani che ancora non ce l’hanno.

A questo punto i democratici potrebbero spingere il progetto al Senato attraverso una pratica chiamata reconciliation: un sistema di solito utilizzato per le leggi finanziarie, che permette di far passare i provvedimenti con 51 voti al posto dei soliti 60. “Se non utilizzeranno questa strada, per un lungo periodo ci saranno soltanto piccoli aggiustamenti nel settore dell’health care”, spiega l’analista di Morningstar. Per contrastare la riforma, intanto, i lobbisti delle aziende farmaceutiche hanno deciso di giocare pesante e hanno programmato una campagna pubblicitaria per spingere i politici a votare “no” al progetto che costerà un milione di dollari al giorno.

In attesa che le acque si smuovano, gli operatori stanno sfruttando le ondate di fusioni e acquisizioni che contraddistinguono il settore dal 2009. Abbott Laboratories ha acquistato per 450 milioni di dollari Facet Biotech, una società specializzata in prodotti sperimentali per il cancro. L’offerta ha superato del 54% quella presentata da Biogen Idec ed è anche la dimostrazione di quanto vanno ripetendo gli analisti da un paio di anni. Dimenticati i mega-deal, il mercato si deve preparare ad una serie di M&A che interesseranno soprattutto le realtà biotecnologiche, piccole di dimensioni, ma dalle potenzialità enormi per la ricerca di nuove cure e la sostituzione dei farmaci con il brevetto in scadenza.

Un’ulteriore conferma in questo senso l’ha data la giapponese Astellas Pharma con la sua offerta per Osi Pharmaceuticals, una delle poche aziende biotech specializzate in trattamenti per il cancro. Proprio i prodotti della società Usa serviranno a colmare il vuoto che nei bilanci del gruppo nipponico sarà lasciato dalla scadenza del brevetto del Prograf, un medicinale antirigetto che nel 2008 ha avuto un fatturato superiore ai 2 miliardi di dollari.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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