In America latina arriva il bel tempo

Le debolezza registrata dalla regione nelle ultime settimane per gli analisti non durerà.

Marco Caprotti 10/02/2010 | 14:52
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Le nubi sul cielo dell’America latina sono passeggere. A dirlo, sono gli analisti, secondo cui l’andamento dell’indice Msci della regione nell’ultimo mese (-9% fino all’8 febbraio e calcolato in euro) non è foriero di tempeste sull’area che, nel 2009, aveva guadagnato quasi il 92%.

A pesare sull’andamento del Sudamerica sono state (oltre alle perplessità sulla tenuta di una ripresa globale che ha fatto preoccupare gli investitori spingendoli verso asset più sicuri) le considerazioni di alcuni organismi internazionali. Su tutte, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e la Commissione economica Onu per l’America latina e i Caraibi, secondo cui l’area sarebbe andata incontro a un rallentamento della crescita del 2% l’anno scorso. Le stime per il 2010, parlano di una progressione del 4%, più forte di quella dei mercati sviluppati, ma più debole, ad esempio, di quella asiatica.

“Anche se non è paragonabile al +5% degli anni scorsi, ci sono un mucchio di ragioni per essere ottimisti”, spiega uno studio di Knowledge-Whorton, società di analisi che fa capo all’Università della Pennsylvania. La prima è la vitalità che stanno dimostrando i Paesi della zona. Il Brasile, ad esempio, ha intenzione di investire 20 miliardi di real (circa 8 miliardi di euro), per rilanciare la compagnia telefonica Telebra, di cui è azionista insieme agli spagnoli di Telefonica. L’obiettivo del governo guidato da Luiz Inacio Lula è quello di fare concorrenza nella banda larga agli operatori privati soprattutto sul fronte dei prezzi. Anche l’Ecuador vuole un maggiore controllo sui servizi essenziali. L’esecutivo guidato dal Presidente Rafael Correa, infatti, ha intenzione di acquistare un impianto di gas naturale da Noble Energy. “All’apparenza si tratta di manovre che si muovono in senso contrario al libero mercato”, continua lo studio. “In realtà, a differenza del passato, i Paesi sudamericani non hanno scelto la strada della nazionalizzazione, ma si propongono come normali attori di una compravendita”.

Novità sono attese anche dal Cile, dove si è appena insediato il governo guidato da Sebastian Pinera. Gli occhi della comunità internazionale sono puntati su Felipe Larrain, il ministro delle Finanze che entrerà in carica il mese prossimo, che ha promesso di dare una nuova spinta all’economia del Paese e di creare un milione di nuovi posti di lavoro. Secondo gli ultimi dati, il Pil cileno a dicembre è cresciuto del 3,9% rispetto a novembre. Si tratta del secondo mese al rialzo dall’ottobre del 2008. Il Paese, intanto, un obiettivo l’ha già raggiunto: a gennaio è diventato il primo stato sudamericano ad entrare nell’Ocse.

Un comparto da tenere d’occhio in America latina, secondo gli analisti, è quello bancario. “Gli istituti della regione hanno resistito alla crisi mondiale come pochi altri”, spiega uno studio della società di consulenza Oxford Analytica. “Hanno continuato a fornire prestiti alle aziende grazie ai depositi e sono riusciti ad evitare il contagio degli strumenti tossici che hanno avvelenato i Paesi più sviluppati. Per questo, anche alla luce di una crescita – che seppur rallentata ci sarà – ci aspettiamo un miglioramento dei conti di almeno il 10% per molte banche dell’area”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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