Più chiarezza sugli hedge fund

La nuova direttiva europea potrebbe dare un’ulteriore spinta all’industria dei fondi speculativi. Secondo Mark Chambers, responsabile per l’Europa di Man Investments, sono però necessarie più informazioni e una maggiore disclosure sulle regole.

Michela Muscio, 16/02/2006 | 12:32
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L’industria degli hedge fund a livello mondiale ha superato i mille miliardi di dollari, mentre sono 17 i miliardi di euro gestiti in Italia, in crescita del 44% rispetto al 2004. Cosa si aspetta dal 2006?

Ritengo che ci siano buone opportunità per il settore degli hedge fund. Le strategie direzionali su asset class differenti saranno le favorite e quindi gli hedge di tipo global macro dovrebbero offrire migliori performance. L’aumento della volatilità nel mercato azionario porterà buone opportunità per il trading. Inoltre, la strategia even driven potrà trarre benefici dall’intensa attività di fusioni e acquisizioni (M&A ndr) prevista per il 2006.

A partire da febbraio 2006, le società di gestione alternative americane dovranno registrarsi presso la Securities Exchange Commission in qualità di Investment Advisor. In che modo la maggiore tutela per gli investitori inciderà sulla raccolta dei fondi hedge?

L’introduzione delle nuove regole nel mercato degli hedge statunitensi erano attese già da tempo, per cui non penso che si avranno ripercussioni sulle masse gestite. L’industria dei fondi speculativi europei, invece, è da sempre stata più regolamentata rispetto a quella americana.

Quali saranno invece le ripercussioni sull’investimento in hedge fund da parte delle istituzioni?

La quota investita in fondi speculativi da parte delle istituzioni sta crescendo vertiginosamente, ma la regolamentazione che aumenta la trasparenza dell’industria non è la principale ragione. Le istituzioni stanno realizzando il valore aggiunto che possono trarre da questo tipo di investimento, in quanto potente mezzo di diversificazione del portafoglio.

In Europa, è la Svizzera il Paese dove le principali istituzioni come i fondi pensione e le assicurazioni investono in hedge fund, mentre in Scandinavia le istituzioni si sono attivate recentemente nel mercato degli hedge. Gli altri Paesi europei seguiranno questi esempi, ma il processo sarà lento.

Come si inserisce in questo senso l’attuazione della direttiva Ucits III che permette agli Organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr) aperti non armonizzati di investire fino al 20% del loro portafoglio agli hedge fund?

La nuova direttiva europea potrebbe portare effetti significativi sull’industria degli hedge, anche se penso che sia necessaria una chiarificazione delle regole, visto che c’è molta incertezza a riguardo. E’ un primo passo verso il mercato retail, ma il fondo hedge rimane comunque un prodotto di nicchia, per l’investitore che vuole diversificare l’ampio patrimonio a sua disposizione.

Quali sono i punti deboli dell’industria hedge e come ritiene che possano essere superati?

La gestione alternativa è ancora concepita in maniera un po’ distorta. Ritengo, quindi, che sia necessaria una maggiore educazione e informazione a riguardo, per capire che non si tratta di un’industria che destabilizza i mercati finanziari. Gli hedge fund devono avere lo stello livello di regolamentazione dei fondi comuni tradizionali in quanto presentano gli stessi rischi.

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